Iscriviti alla newsletter
Risposta scritta all'interrogazione n. 4-11917 del dep. Stefano Fassina. Nuova riforma del Ministero e processi di mobilità del personale.
Testo del comunicato
Nell’interrogazione parlamentare n. 4-11917, con riferimento al nuovo intervento di riforma del Ministero del gennaio 2016 – che segue quello già attuato nel 2014 e che sarebbe stata varato “senza confronto né dialogo, con le parti sociali, le associazioni di categoria, e con i comitati tecnico scientifici” - nonché alla procedura di mobilità volontaria del personale attivata con provvedimento del 25 gennaio 2016 del direttore della Direzione generale Organizzazione, la quale propone ai “lavoratori le destinazioni pre-riforma” del gennaio 2016, l’Onorevole interrogante chiede: se si intendano avviare iniziative per favorire un confronto con le associazioni di settore e le parti sindacali sui contenuti della nuova riforma; se si intenda ritirare il provvedimento di mobilità per adeguarlo alla “nuova geografia funzionale del Ministero”, introdotta dalla riforma del gennaio 2016, dando così maggiori certezze ai lavoratori interessati; se non si intenda promuovere iniziative, anche ispettive, per valutare l’effettiva adeguatezza del previsto Polo museale dell’Eur. La riforma del Ministero, oggetto dell’atto ispettivo cui si risponde, è contenuta nel decreto ministeriale 23 gennaio 2016, Riorganizzazione del Ministero dei beni e della attività culturali e del turismo ai sensi dell’articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, registrato dalla Corte dei Conti in data 29 febbraio 2016 e in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Con tale provvedimento si dà attuazione alla disposizione contenuta al comma 327 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale delio Stato (legge di stabilità 2016), per la quale, nelle more dell’attuazione dei decreti legislativi attuativi dell’articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, al fine di dare efficace attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 17-bis, comma 3, della legge 7 agosto 1990, 241 (che ha introdotto il silenzio-assenso qualora non siano acquisiti, entro il termine di novanta giorni, assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela paesaggistico territoriale e dei beni culturali), nonché di garantire il buon andamento dell’amministrazione di tutela del patrimonio culturale, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo provvede, con proprio decreto, alla riorganizzazione, anche mediante soppressione, fusione o accorpamento, degli uffici dirigenziali, anche di livello generale del Ministero, nel rispetto delle dotazioni organiche determinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione del Ministro e dell’Organismo indipendente di valutazione della performance, a norma dell’art. 16, comma 4 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il suddetto comma 327 della legge di stabilità dispone inoltre che il decreto ministeriale sia emanato entro il termine di trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità stessa. Il decreto sopra citato, come anche indicato nelle premesse del provvedimento stesso, è stato emanato dopo aver ascoltato le organizzazioni sindacali del Ministero in data 18 gennaio 2016 e il Consiglio superiore “Beni culturali e paesaggistici” nella seduta di pari data. Inoltre, il progetto di riorganizzazione è stato personalmente illustrato dal Ministro nel corso della seduta del 19 gennaio 2016 delle commissioni riunite Cultura, scienza e istruzione della Camera e Istruzione pubblica, beni culturali del Senato. Con il provvedimento sopra citato il Ministero viene ridisegnato a livello centrale e a livello territoriale per rafforzare i presidi di tutela e semplificare il rapporto tra cittadini e amministrazione. Il nuovo assetto organizzativo prevede la creazione delle Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio. Con questo intervento aumentano i presidi di tutela sul territorio nazionale, che, proprio per l'archeologia, passano dalle attuali 17 soprintendenze Archeologia alle nuove 39 soprintendenze unificate (cui si sommano le due soprintendenze speciali del Colosseo e di Pompei). La nuova articolazione territoriale realizza una distribuzione dei presidi più equilibrata ed efficiente ed è stata definita tenendo conto del numero di abitanti, della consistenza del patrimonio culturale e della dimensione dei territori. Le nuove soprintendenze parleranno con voce unica a cittadini e imprese riducendo tempi e costi burocratici. In un unico ufficio, responsabile di un’area territoriale più circoscritta e quindi più vicino a cittadini, amministratori locali e imprese, si concentrano e si coordinano le diverse competenze tecnico-scientifiche, con riduzione dei costi amministrativi e incremento di efficienza ed efficacia dell’attività di tutela. Ogni nuova soprintendenza verrà articolata in sette aree funzionali (organizzazione e funzionamento; patrimonio archeologico; patrimonio storico e artistico; patrimonio architettonico; patrimonio demoetnoantropologico; paesaggio; educazione e ricerca) per garantire una visione complessiva dell’esercizio della tutela, assicurando anche la presenza delle specifiche professionalità. Per cittadini e imprese sarà così più semplice e rapido rapportarsi con l'amministrazione, con una notevole riduzione degli oneri burocratici. Ciascuna soprintendenza costituirà un riferimento univoco per la valutazione di qualunque aspetto di ogni singolo progetto, dalla tutela di beni archeologici per arrivare all’impatto paesaggistico, passando per gli aspetti di carattere artistico e architettonico: a un’unica domanda corrisponderanno un unico parere e un’unica risposta. Al centro ci sarà una sola Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, che garantirà il coordinamento delle soprintendenze su tutto il territorio nazionale. Appare evidente come non ci sia “cancellazione della tutela archeologica” come paventato dall’Onorevole interrogante, quanto piuttosto la volontà di un rafforzamento dell’azione di tutela del patrimonio storico e artistico, considerando che, nel nuovo disegno organizzativo, si rafforza e si razionalizza la distribuzione delle soprintendenze sul territorio; si concentrano e si coordinano, in un unico ufficio, le diverse competenze tecnico-scientifiche, con riduzione dei costi amministrativi e incremento di efficienza ed efficacia dell’attività di tutela. Con riguardo alle nuove attribuzioni delle soprintendenze archivistiche, si rammenta la novella introdotta dall’articolo 16, comma 1-sexies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, che, modificando l’articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha restituito allo Stato la tutela su “manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, libri, stampe e incisioni”; pertanto, per dare attuazione a tale disposizione, le soprintendenze archivistiche (che hanno ambito almeno regionale) svolgeranno anche funzioni di tutela dei beni librari, fatto salvo quanto previsto per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano. Conseguentemente le soprintendenze archivistiche assumono la nuova denominazione Soprintendenze archivistiche e bibliografiche, ad eccezione che nelle regioni Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia. Vengono, poi, istituiti dieci nuovi musei e parchi archeologici autonomi, di livello dirigenziale, retti da altrettanti direttori che saranno selezionati con un nuovo bando internazionale. Nel provvedimento è prevista, anche, la possibilità di attribuire a queste nuove strutture l’autonomia speciale già riconosciuta ad altri istituti museali dal precedente provvedimento di riorganizzazione del 2014. Tra i nuovi istituti, il decreto ministeriale 23 gennaio 2016 individua, quale ufficio di livello dirigenziale generale, il Museo Nazionale Romano e, quali uffici di livello dirigenziale non generale: il Complesso monumentale della Pilotta, il Museo della Civiltà, con sede a Roma Eur, il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare, il Parco archeologico dei Campi Flegrei, il Parco archeologico dell’Appia antica, il Parco archeologico di Ercolano, il Parco archeologico di Ostia antica, Villa Adriana e Villa d’Este. In tal modo si prosegue nella strada della valorizzazione dei beni e dei luoghi della cultura, senza operare una “parcellizzazione” di istituti già esistenti o di poli museali di recente costituzione, ma riconoscendo la peculiare identità di importanti luoghi culturali che, grazie anche al conferimento dell’autonomia speciale, potranno meglio svolgere la loro funzione di promozione e diffusione della conoscenza del patrimonio culturale. L’Istituto centrale per la demoetnoantropologia viene mantenuto ma opererà, quale ufficio non avente qualifica dirigenziale, presso la Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio. Riguardo al bando di mobilità volontaria emanato il 26 gennaio 2015, si precisa che esso è stato emanato dopo una attenta ricognizione delle risorse umane esistenti negli uffici prima della riforma operata con il d.P.C.M. 171/2014 e una altrettanto attenta individuazione dei fabbisogni dei nuovi uffici istituiti dal d.P.C.M. sopra citato, allo scopo di meglio riallocare il personale e consentire una piena attuazione del nuovo assetto organizzativo. L’Amministrazione intende portare a termine, con la massima celerità possibile, il processo di riorganizzazione avviato con il d.P.C.M. 171/2014 sopra richiamato e per questo è necessario lo svolgimento di questo primo processo di mobilità. Ad esso ne seguirà uno successivo, non appena sarà attuata la riforma avviata con il citato decreto ministeriale del 23 gennaio 2016. Peraltro, tale D.M. interessa solo una parte delle strutture, mantenendo pressoché inalterata la distribuzione territoriale degli uffici. In aggiunta i nuovi uffici saranno operativi solamente tra diverse settimane e, in alcuni casi, tra mesi. Di conseguenza, non vi era alcun motivo per interrompere o posticipare un processo di mobilità atteso da tempo e comunque riguardante per la maggior parte strutture che resteranno invariate anche una volta data piena attuazione al dm 23 gennaio 2016. Infine, per venire incontro alle difficoltà di questo primo processo di mobilità volontaria, si segnala che il termine per le domande è stato prorogato fino all’8 marzo 2016 e sono state ampliate le possibilità di scelta delle sedi da parte del personale, cui è stata data la possibilità di esprimere preferenze anche per sedi che non hanno attualmente carenze, opzioni che verranno valutate appena conclusa la prima fase di assegnazioni. Nel processo di mobilità sono state coinvolte anche le organizzazioni sindacali del personale, che hanno sottoscritto, in data 22 dicembre 2015, un accordo sui criteri da seguire per le procedure di mobilità urbana ed extraurbana e, successivamente, hanno partecipato e contribuito nelle forme prescritte dalla vigente normativa. In merito all’ultimo quesito posto dall’Onorevole interrogante, riguardante l’adeguatezza del nuovo Polo museale dell’Eur, si ritiene di aver, in parte, già risposto esponendo le ragioni che hanno condotto all’istituzione dei dieci nuovi musei e parchi archeologici e che richiamano una delle linee guida della riforma del Ministero avviata con il d.P.C.M. 171/2014, ovvero la valorizzazione del “sistema museale italiano”. Un punto dolente dell’amministrazione dei beni culturali in Italia è sempre stata la sotto-valutazione dei musei: privi di effettiva autonomia, tutti, salvo casi sporadici e non legati a un disegno unitario, articolazioni delle soprintendenze e dunque privi di qualifica dirigenziale. La riforma operata col d.P.C.M. 171/2014 ha intenso mutare radicalmente questo aspetto, assicurando al contempo che fosse mantenuto il legame dei musei con il territorio e con le soprintendenze e fatte salve le prioritarie esigenze di tutela e dell’unitarietà del patrimonio culturale della Nazione. E’ stata istituita una nuova Direzione generale musei, cui affidare il compito di attuare politiche e strategie di fruizione a livello nazionale, favorire la costituzione di poli museali anche con regioni ed enti locali, svolgere i compiti di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura, dettare le linee guida per le tariffe, gli ingressi e i servizi museali, favorire la costituzione di fondazioni museali aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati, favorire la partecipazione del Ministero ad associazioni, fondazioni, consorzi o società per la gestione e la valorizzazione dei beni culturali. Ad un significativo numero di musei è stata attribuita la qualifica di ufficio dirigenziale, riconoscendo così il massimo status amministrativo ai musei di rilevante interesse nazionale, i cui direttori sono stati scelti tramite selezione pubblica tra interni o esterni all’amministrazione, anche stranieri. Sono stati creati i poli museali regionali, articolazioni periferiche della Direzione generale musei, incaricati di promuovere gli accordi di valorizzazione previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio e di favorire la creazione di un sistema museale tra musei statali e non statali, sia pubblici, sia privati. Tutti i musei sono dotati di autonomia tecnico-scientifica e di un proprio statuto, in linea con i più elevati standard internazionali. Questo complesso e vasto, ma necessario, disegno di riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha suscitato consensi e dissensi. Con il decreto del 23 gennaio 2016 si è intervenuti, da un lato, per superare alcune criticità emerse in fase di attuazione del d.P.C.M. 171/2014 e, dall’altro, si è proseguito nel percorso rivelatosi già valido. In questo processo non è mai mancato, né mancherà, il dialogo e il confronto con le Commissioni parlamentari, con le organizzazioni sindacali, con il Consiglio superiore del Ministero, con gli studiosi e con tutte le realtà associative interessate alle sorti del patrimonio culturale italiano.
Documentazione:
Fassina 5 aprile 2016
(documento in formato pdf, peso 113 Kb, data ultimo aggiornamento: 16 maggio 2016 )