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Archeologia: Verso l'Oceania le nuove vie del traffico di reperti
Testo del comunicato
I nuovi acquirenti sul mercato nero sono in Nuova Zelanda, Australia, Giappone e nei Paesi arabi
Potevano finire, seguendo le rotte dei traffici clandestini di reperti archeologici, in Nuova Zelanda, Australia, Giappone e nei Paesi arabi. Gli oltre 200 reperti archeologici, inclusa numismatica e dieci volumi antichi, sequestrati nei giorni scorsi a Tivoli dai carabinieri del Reparto operativo tutela patrimonio culturale (Tpc) di Roma avevano un valore commerciale superiore al milione di euro. L’operazione dei militari, in collaborazione con i colleghi della Compagnia di Tivoli, ha permesso l’arresto di un collezionista (perché trovato in possesso di armi da fuoco perfettamente funzionanti senza averne le autorizzazioni) e la denuncia a piede libero di un altro per ricettazione, scavo archeologico clandestino e detenzione illecita di armi antiche. I carabinieri, in un’indagine iniziata a dicembre, hanno perquisito la casa di un collezionista, trovando armi e reperti. Successivamente sono risaliti al secondo uomo, perquisendo la sua casa e sequestrando altre armi e pezzi archeologici.
In totale, nelle due distinte perquisizioni, i militari hanno trovato un vero e proprio tesoro di beni archeologici con oltre 200 reperti e un valore sul mercato nero superiore al milione di euro. Fra i pezzi di maggior pregio, vanno ricordati un’iscrizione risalente al tempo di Benedetto XIV e monete dello Stato pontificio; dieci volumi antichi (di presunta provenienza illecita); un cratere ed un oinochoe a figure rosse del IV secolo a.C., un oinochoe a bocca trilobata, di fattura dauna, del VI secolo a.C., 200 monete romane di epoca imperiale, una parte di una statua femminile, strumenti chirurgici e lucernini. Questi pezzi, alcuni dei quali in eccellente stato, possono essere catalogati genericamente (fatta eccezione per quelli di epoca pontificia e per dei fossili di pesce) in tre gruppi. Uno, ha spiegato la soprintendente ai Beni archeologici del Lazio, Marina Sapelli Ragni, “è rappresentato dai reperti dauni, provenienti da scavi clandestini in Puglia”. Fra questi c’è il cratere di ceramica. Il secondo gruppo di oggetti proviene dalla zona etrusca dell’alto Lazio ed è frutto del saccheggio di tombe. Fra queste, ci sono quattro anfore grandi e altrettante più piccole. Infine, la terza serie di reperti è di provenienza romana, più specificatamente del periodo imperiale. Fra questi vanno annoverate le monete, i lucernini, gli strumenti chirurgici e il pezzo di statua raffigurante una donna. Quest’ultimo reperto, ha spiegato Sapelli Ragni, “potrebbe essere stato asportato da una tomba”. Le aree depredate da cui provengono questi pezzi potrebbero essere, quindi, in provincia di Roma. “I nuovi acquirenti – ha spiegato ancora il soprintendente ai Beni archeologici del Lazio – interessati a queste opere sono giapponesi, neozelandesi, australiani e arabi”.
Il traffico di beni archeologici è fiorente, quindi, e non sembra conoscere crisi. “Nell’autunno dell’anno scorso – ha ricordato il capitano Giampietro Romano, comandante della Sezione antiquariato del Reparto operativo Tpc - abbiamo arrestato in Calabria quattro ‘tombaroli’ in flagranza di reato”. Quanto all’ipotesi di una sanatoria per chi è in possesso di reperti archeologici, Sapelli Ragni si è detta contraria: “Non siamo guidati – ha precisato – da una logica di criminalizzazione. Conoscendo il territorio e ricevendo tante segnalazioni, sappiamo distinguere fra incalliti ricettatori di opere archeologiche e chi ha magari qualche coccio a casa”. Insomma, “riconosciamo la detenzione legittima, anche se c’è sempre un punto interrogativo sulla proprietà”. Tale riconoscimento, ha aggiunto il capitano dei carabinieri, è previsto anche dalla legge, che “distingue fra un coccio e un cratere”.
fonte dati: IL VELINO
Potevano finire, seguendo le rotte dei traffici clandestini di reperti archeologici, in Nuova Zelanda, Australia, Giappone e nei Paesi arabi. Gli oltre 200 reperti archeologici, inclusa numismatica e dieci volumi antichi, sequestrati nei giorni scorsi a Tivoli dai carabinieri del Reparto operativo tutela patrimonio culturale (Tpc) di Roma avevano un valore commerciale superiore al milione di euro. L’operazione dei militari, in collaborazione con i colleghi della Compagnia di Tivoli, ha permesso l’arresto di un collezionista (perché trovato in possesso di armi da fuoco perfettamente funzionanti senza averne le autorizzazioni) e la denuncia a piede libero di un altro per ricettazione, scavo archeologico clandestino e detenzione illecita di armi antiche. I carabinieri, in un’indagine iniziata a dicembre, hanno perquisito la casa di un collezionista, trovando armi e reperti. Successivamente sono risaliti al secondo uomo, perquisendo la sua casa e sequestrando altre armi e pezzi archeologici.
In totale, nelle due distinte perquisizioni, i militari hanno trovato un vero e proprio tesoro di beni archeologici con oltre 200 reperti e un valore sul mercato nero superiore al milione di euro. Fra i pezzi di maggior pregio, vanno ricordati un’iscrizione risalente al tempo di Benedetto XIV e monete dello Stato pontificio; dieci volumi antichi (di presunta provenienza illecita); un cratere ed un oinochoe a figure rosse del IV secolo a.C., un oinochoe a bocca trilobata, di fattura dauna, del VI secolo a.C., 200 monete romane di epoca imperiale, una parte di una statua femminile, strumenti chirurgici e lucernini. Questi pezzi, alcuni dei quali in eccellente stato, possono essere catalogati genericamente (fatta eccezione per quelli di epoca pontificia e per dei fossili di pesce) in tre gruppi. Uno, ha spiegato la soprintendente ai Beni archeologici del Lazio, Marina Sapelli Ragni, “è rappresentato dai reperti dauni, provenienti da scavi clandestini in Puglia”. Fra questi c’è il cratere di ceramica. Il secondo gruppo di oggetti proviene dalla zona etrusca dell’alto Lazio ed è frutto del saccheggio di tombe. Fra queste, ci sono quattro anfore grandi e altrettante più piccole. Infine, la terza serie di reperti è di provenienza romana, più specificatamente del periodo imperiale. Fra questi vanno annoverate le monete, i lucernini, gli strumenti chirurgici e il pezzo di statua raffigurante una donna. Quest’ultimo reperto, ha spiegato Sapelli Ragni, “potrebbe essere stato asportato da una tomba”. Le aree depredate da cui provengono questi pezzi potrebbero essere, quindi, in provincia di Roma. “I nuovi acquirenti – ha spiegato ancora il soprintendente ai Beni archeologici del Lazio – interessati a queste opere sono giapponesi, neozelandesi, australiani e arabi”.
Il traffico di beni archeologici è fiorente, quindi, e non sembra conoscere crisi. “Nell’autunno dell’anno scorso – ha ricordato il capitano Giampietro Romano, comandante della Sezione antiquariato del Reparto operativo Tpc - abbiamo arrestato in Calabria quattro ‘tombaroli’ in flagranza di reato”. Quanto all’ipotesi di una sanatoria per chi è in possesso di reperti archeologici, Sapelli Ragni si è detta contraria: “Non siamo guidati – ha precisato – da una logica di criminalizzazione. Conoscendo il territorio e ricevendo tante segnalazioni, sappiamo distinguere fra incalliti ricettatori di opere archeologiche e chi ha magari qualche coccio a casa”. Insomma, “riconosciamo la detenzione legittima, anche se c’è sempre un punto interrogativo sulla proprietà”. Tale riconoscimento, ha aggiunto il capitano dei carabinieri, è previsto anche dalla legge, che “distingue fra un coccio e un cratere”.
fonte dati: IL VELINO
© 2021 MiC - Pubblicato il 2020-10-27 22:27:23 / Ultimo aggiornamento 2020-10-27 22:27:23