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Risposta scritta all'interrogazione n. 4-10771 del dep. Marco Brugnerotto. Sito archeologico comuni di Trissino ed Arzignano. Ritrovamenti reperti sottoposti ad analisi.
Testo del comunicato
Nell’interrogazione parlamentare n. 4-10771, l’Onorevole interrogante, premesso che nella regione Veneto sono in atto progetti di invasi artificiali per il controllo delle piene; fra questi un progetto nei comuni di Trissino ed Arzignano, in provincia di Vicenza, che prevede la realizzazione di un bacino di laminazione con funzione di invaso; che tale progetto potrebbe compromettere il sito archeologico posto nell’area; che in tale sito sono stati posti in essere una serie di sondaggi al fine di dare una datazione verificabile ai resti emersi; che alcuni privati cittadini avrebbero dubitato della datazione proposta, finanziando un’ulteriore analisi che avrebbe smentito le precedenti rilevazioni, a detta dell’interrogante, fatte dalla soprintendenza archeologica; tutto ciò premesso, si chiede se, alla luce dei nuovi risultati, il Ministero non ritenga doveroso promuovere ulteriori analisi, al fine di accertare la datazione dei reperti, ponendoli quindi sotto tutela; se il Ministero non ritenga di effettuare un controllo sul regolare utilizzo dei fondi destinati alle ricerche archeologiche che sembrerebbe abbiano prodotto scarsi risultati, contraddetti da analisi indipendenti finanziate dai cittadini. A tal proposito si rappresenta quanto segue. Come già riferito in occasione di una precedente interrogazione parlamentare riguardante il medesimo argomento, in occasione della realizzazione di opere di adeguamento dei bacini demaniali di Trissino e Tezze di Arzignano (Vicenza) contro le piene del torrente Agno-Guà, la Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto (ora denominata Soprintendenza Archeologia per il Veneto), attraverso gli strumenti legislativi previsti in materia di archeologia preventiva (articoli 95 e 96 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici), ha disposto, con nota n. 6702 dell’11 maggio 2011, una verifica del rischio archeologico, allo scopo di accertare la natura di alcune evidenze già note, in quanto da tempo segnalate all'interno dell'alveo. Si trattava di una serie di raggruppamenti di fosse oblunghe scavate nel sedime del deposito fluviale, caratterizzate da misure variabili, seppure omogenee, fra loro allineate, ma di incerta datazione e non chiara interpretazione funzionale, forse vasche per attività produttive. Contestualmente, l'intervento si poneva l'obiettivo di valutare l'eventuale interferenza rispetto ad un'area limitrofa d'interesse archeologico, in località Valbruna, lambita dalle attività di progetto e assoggettata a vincolo ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) per l'affioramento di reperti pertinenti ad un insediamento abitativo con indizi di necropoli, databile tra I sec. a.C. e III-IV sec. d.C. L'intervento, effettuato tra il giugno 2012 e il gennaio 2013, per il quale il consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta ha incaricato la ditta archeologica P.ET.R.A. soc. coop. di Padova, condotto sotto la direzione scientifica della dott.ssa Mariolina Gamba, funzionario di zona della Soprintendenza, ha interessato complessivamente un'area di circa 100 ettari ed è consistito nella realizzazione di oltre 200 trincee di accertamento e nell'assistenza alla verifica delle anomalie ferro-magnetiche riscontrate nell'ambito delle attività di bonifica bellica superficiale. Considerata la notevole estensione dell'area e i diversi tempi di esecuzione delle lavorazioni, l'indagine è stata suddivisa in due diversi stralci. Il primo ha interessato la superficie compresa tra la briglia di Cinto ed il ponte di Trissino (Bacino di Monte), destinata per prima alle procedure di cantierizzazione, e il secondo l'area tra la briglia di Cinto e il ponte di Tezze di Arzignano (Bacino di Valle): in quest'ultimo, tuttavia, a causa dell'indisponibilità di parte dei terreni, ad oggi ancora in fase di esproprio, gli accertamenti archeologici non sono stati ultimati. L'intervento, condotto sotto la costante vigilanza della Soprintendenza, ha consentito di individuare e documentare tre estesi complessi di strutture canaliformi, su cui si è successivamente proceduto con un'indagine stratigrafica a campione, che ha portato all'identificazione di un complesso di vasche, probabilmente riferibili alla macerazione di fibre tessili, forse della canapa sulla base delle analisi paleobotaniche. L'impianto, sulla base della sequenza stratigrafica e dei pochi reperti rinvenuti, è da riferire a età storica recente (dalla metà del XVII secolo). Considerata la natura e la tipologia delle strutture, è stata interessata la competente Soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio per le province di Verona, Vicenza e Rovigo (ora denominata Soprintendenza Belle arti e paesaggio) che, con parere n. 16020 del 6 giugno 2013, ha disposto, in accordo con la Soprintendenza per i beni archeologici, una valorizzazione di quanto venuto alla luce, attraverso una serie di pannelli da realizzare presso il Museo "G. Zannato" di Montecchio Maggiore, capofila della rete museale dei comuni del bacino dell'Agno-Chiampo. Il rinvenimento casuale di una punta di lancia riferibile all'età romana da parte di un privato cittadino, da questi impropriamente prelevato dal suo contesto di giacenza, è da collocarsi - come dimostra la documentazione fotografica prodotta dallo stesso - all'interno di un livello di esondazione fluviale; l'oggetto è pertanto sicuramente traslato e in giacitura secondaria. In tutte le fasi dell'intervento la Soprintendenza Archeologia ha esercitato, per quanto di competenza, la sorveglianza scientifica atta a garantire la piena correttezza delle procedure stratigrafiche eseguite dalla ditta archeologica incaricata e la tutela dei resti sepolti. Per quanto riguarda gli aspetti della divulgazione al pubblico, relativamente alla prima parte dell'intervento concluso nel Bacino di Monte, si fa presente che una conferenza organizzata dal Sistema museale Agno-Chiampo è stata tenuta il 29 maggio 2014 ad Arzignano (relatori la dott.ssa Mariolina Gamba e il dott. Cristiano Miele) e che una notizia preliminare sulle evidenze rinvenute è in corso di pubblicazione nel Notiziario della Soprintendenza Archeologia del Veneto, a cura della dott.ssa Mariolina Gamba. Sulle opere di laminazione delle piene del fiume Agno-Guà, nei comuni di Trissino e Arzignano, si è espressa favorevolmente, con prescrizioni, la Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, ai sensi dell’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. La stessa Soprintendenza, con nota n. 16020 del 6 giugno 2013, inviata al Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta e, per conoscenza alla Soprintendenza Archeologia del Veneto, ha comunicato il proprio accordo all’asportazione dei materiali archeologici individuati nel corso dei lavori, con la condizione che “la documentazione tecnica e fotografica sia utilizzata opportunamente per la realizzazione di pannelli espositivi da collocare in modo idoneo anche nell’area contermine al sito o in altra sede da concordare con Comuni interessati” e che i lavori medesimi proseguano sotto la vigilanza della Soprintendenza Archeologia del Veneto. Ciò in considerazione della necessità di assicurare la compatibilità paesaggistica dell’opera di protezione del rischio idraulico in questione, la cui realizzazione è ritenuta indispensabile dall’autorità preposta alla pubblica sicurezza. Ad ulteriore aggiornamento di quanto esposto, con nota del dicembre 2015 la Soprintendenza archeologica competente per territorio ha comunicato che i risultati delle indagini archeologiche nel sito in questione sono state recentemente pubblicate (settembre 2015) sulla rivista di questa Soprintendenza (M. Gamba, C. Miele, P. Paganotto, Trissino, le vasche del torrente Guà, in NAVe- Notizie di Archeologia del Veneto 2, 2013, Firenze, 2015, pp.151-156). La documentazione tecnico-scientifica dell'intervento condotto nel bacino di monte, redatta dalla ditta PETRA soc. coop. di, Padova e tempestivamente consegnata alla Soprintendenza al termine delle indagini di verifica nel gennaio 2013, risulta pienamente esaustiva in relazione alle linee-guida in uso, compresi gli aspetti della documentazione fotografica e dei posizionamenti georeferenziati; la documentazione delle indagini condotte nel bacino di valle, invece, non è ancora stata redatta, in quanto gli stessi interventi sul campo sono stati solo iniziati e poi sospesi, alla fine del 2012, per sopravvenuti contenziosi espropriativi tra la Committenza e i privati. Ad oggi, la realizzazione del bacino di valle risulta ancora "congelata" a tempo indeterminato. Nel novembre 2015, un funzionario archeologo di zona ha condotto sul sito un sopralluogo, a seguito del quale sono state prescritte ulteriori indagini archeologiche nel bacino di monte e analisi radiometriche su alcuni campioni organici; inoltre, appreso dalla Committenza che i contenziosi sorti nel bacino di valle sono stati sanati, è stata disposta la riapertura e l'analisi stratigrafica dei due saggi sospesi e la relativa documentazione scientifica. Si sottolinea che i reperti metallici raccolti nel sito dal privato cittadino e citati nell’interrogazione, si trovavano, come da egli stesso affermato, e come risulta dalla documentazione fotografica da lui effettuata, all'interno di livelli alluvionali a ghiaie, in quest'area particolarmente estesi a causa dell'intensa attività esondativa dei fiumi Agno e Guà: pertanto trattasi di oggetti traslati dalla loro giacitura primaria e privi della valenza stratigrafica e cronologica su cui si basano le contestazioni ai risultati delle indagini. Infine occorre rilevare che la Soprintendenza archeologica non è stata mai informata, né ha autorizzato in alcun modo i prelievi e le analisi al C14 menzionate nel testo. Tale operazione parrebbe di scarsa o nulla scientificità, dal momento che non risulta che i prelievi siano stati condotti da personale qualificato, con grave rischio di inquinamento dei campioni in fase di raccolta, oltre al fatto che tali prelievi restano privi di contestualizzazione stratigrafica, e dunque di attendibilità in merito alla supposta retrodatazione del complesso produttivo.
Documentazione:
Brugnerotto 18 marzo 2016
(documento in formato pdf, peso 225 Kb, data ultimo aggiornamento: 22 aprile 2016 )