Museo di San Francesco a Folloni
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Informazioni apertura
InfoDescrizione
Per la sua posizione il Museo di S. Francesco a Folloni è una struttura museale strettamente collegata al territorio, funzionale alla valorizzazione delle zone interne e alla salvaguardia di un patrimonio artistico particolarmente colpito dal sisma del 1980. Aperto al pubblico il 18 settembre 1981, ampliato nel novembre '82, contiene opere recuperate nei paesi più colpiti, come Lioni, Conza della Campania, dove sono stati rinvenuti manufatti d'arte che sono spesso autentiche scoperte. Attualmente gran parte delle opere sono tornate nei luoghi di provenienza, ma quelle rimaste saranno tra breve riallestite in una nuova cornice museale. Tra i tanti argenti, oggetti liturgici e parati sacri conservati nel museo, si segnalano la splendida croce astile in argento di età aragonese, alcuni calici di fattura napoletana, e soprattutto le vesti quattrocentesche di Diego I Cavaniglia, rinvenute durante gli scavi effettuati nel convento. Recentemente restaurati e analizzati, il farsetto e la giornea del conte hanno dimostrato come Napoli fosse protagonista di una cultura rinascimentale di portata europea, per la fattura dei tessuti e la tipologia dei decori prodotti. Tra i dipinti sicuramente interessanti sono un San Francesco in estasi che la critica più aggiornata ritiene opera della bottega del pittore Francesco Solimena e una lunetta dipinta raffigurante un’Annunciazione, recentemente attribuita all’artista marchigiano Francesco da Tolentino.
La storia del complesso di San Francesco a Folloni risale al XIII secolo ed è collegata alla leggenda del viaggio di San Francesco d’Assisi al santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano. Il primo nucleo del complesso risale al Duecento e l’antico romitorio sorgeva dove è oggi la sacrestia, come hanno confermato resti murari emersi in recenti scavi. Nel Cinquecento fu costruito un più ampio convento ma anche di questa fase rimangono pochi ambienti integri, come il chiostro con la cisterna. È alla metà del XVIII secolo che il complesso assunse l’assetto architettonico definitivo, con la realizzazione di un nuovo chiostro e di una nuova chiesa che conservò, come le precedenti, il titolo dell'Annunziata. Degli ambienti cinquecenteschi fu conservata la navata sinistra e il coro, oggi noto come Cappella del Crocifisso (ma la descrizione della chiesa del ‘500 è nella Platea del convento (1740-41), conservata nell’Archivio di Stato di Avellino). La chiesa è a navata unica con cappelle laterali, transetto e coro impreziosita da stucchi. Settecenteschi sono tutti gli arredi liturgici come gli altari, le pile dell’acqua santa, gli stalli del coro, il pulpito e i confessionali. Dal coro della chiesa si accede alla Cappella del Crocifisso, il cui altare contiene la venerata reliquia del Sacco di San Francesco, ed alla sacrestia, a pianta rettangolare, impreziosita dai pregevoli intagli lignei del banco e da uno splendido lavabo marmoreo decorato a volute e delfini incrociati. In quest’ambiente è collocato il magnifico cenotafio eretto da Margherita Orsini in onore di suo marito Diego I Cavaniglia, conte di Montella, morto nel settembre 1481 per una ferita riportata ad Otranto, assediata dalla flotta turca di Maometto II, alleato della Serenissima nella guerra tra Napoli e Venezia. Le soppressioni del decennio francese (1806-1816) e quelle seguite all’Unità d’Italia provocarono l’abbandono del convento da parte dei frati che vi tornarono soltanto nel 1933, quando fu restaurato grazie al sostegno dei cittadini di Montella e di Umberto II di Savoia, amante di questo luogo.
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