L’insediamento in campo Marzio
La fondazione cinquecentesca del Collegio Romano in un’area come quella del Campo Marzio (consacrata a Marte, dio della guerra), rilevante dal punto di vista delle testimonianze archeologiche classiche e post-classiche ed emblematica dello sviluppo urbanistico dell’intera zona, si inserisce in una prospettiva storica molto più remota rispetto all’epoca della sua costruzione. Il Campo Marzio, da sempre profondamente legato alle vicende di Roma, rappresentò dunque una scelta non casuale, per la stratificazione degli insediamenti e per i suoi molteplici significati simbolici connessi alla vita religiosa e militare ed alle funzioni pubbliche e politiche. La zona è caratterizzata dalla ricchezza di acque, da sempre accompagnata da una componente di simbolismo in quanto elemento ancestrale, simbolo del fluire continuo della vita; per il suo basso livello era soggetta alle inondazioni del Tevere, era attraversata dai condotti dell’Acquedotto Vergine e conteneva lo Stagnum dal quale fuoriusciva il canale Euripus ( rinvenuto al di sotto del Palazzo della Cancelleria). L’urbanizzazione dell’area del Campo Marzio iniziò nel II secolo a.C. con Pompeo, che vi fece costruire il Teatro (il primo in muratura a Roma), i Portici e l’Hecatostylon (portico delle 100 colonne). Augusto scelse proprio il Campo Marzio per dare l’avvio ad un massiccio sviluppo di Roma, provvedendo a renderla grandiosa ed al contempo al sicuro da incendi e da inondazioni. La costruzione dei monumentali complessi della zona prese l’avvio dopo la vittoria riportata da Augusto ad Azio, in Egitto (31 a.C.): in primis fece erigere il proprio Mausoleo, a cui seguirono le fabbriche promosse da Agrippa, suo generale ed ammiraglio, tra cui emerge per grandiosità il Pantheon (il tempio dedicato a tutti gli dei ed al sovrano vivente). Una delle testimonianze medioevali sulle costruzioni che qualificavano l’isolato di Campo Marzio su cui si erge l’attuale palazzo del Collegio, riguarda la chiesa di S. Nicolai de Forbitoriis, già nota nel XII secolo, situata probabilmente nell’area in cui fu edificata la fabbrica gesuita e distrutta per far posto alla sua costruzione. Legata alle vicende architettoniche del Collegio è anche la chiesa di S.Macuto, alla quale era annesso un cimitero, anch’esso posizionato nell’area attualmente occupata dal palazzo. Le abitazioni disposte attorno a S. Macuto fin dal Medioevo furono di illustri famiglie romane: qui risiedevano il cardinale Pietro Carafa, prima di salire al soglio pontificio con il nome di Paolo IV (1555-1559), e Camillo Orsini con sua moglie Vittoria Frangipane, marchesa della Tolfa e nipote dello stesso Paolo IV. Fu proprio quest’ultima che, dopo la morte del marito, nel 1558 donò ai Gesuiti i suoi possedimenti e la piccola chiesa da lei dedicata all’Annunziata. La chiesa, già iniziata nel 1555 come tempio dell’Ordine, fu completata nel 1567 dall’architetto gesuita Giovanni Tristano (1538-1575)
La fabbrica del Collegio
Il complesso del Collegio occupa un intero isolato, delimitato a nord da piazza sant’Ignazio e via del Caravita; ad est da via del Collegio Romano; a sud da piazza del Collegio Romano e ad ovest da via di Sant’Ignazio. Pensato dal suo fondatore, Ignazio di Loyola (1491-1556), sul modello del Collège du Roi di Parigi (1530), destinato alla formazione teologica e culturale dei gesuiti (la Compagnia di Gesù nasce nel 1534) e dei giovani delle famiglie più importanti dell’epoca, il Collegio Romano fu inaugurato il 28 ottobre 1584 sotto il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni (1572 – 1585), dopo essere stato ospitato provvisoriamente in diverse sedi, risultate inadeguate rispetto alle necessità del Collegio. La prima fu in una casa nei pressi dell’Aracoeli, quindi in palazzo Capocci-Frangipane presso S.Stefano del Cacco, e poi in palazzo Salviati, nell’angolo formato da via Lata e da via della Gatta, che venne demolito quando, costruito il grande Collegio Romano, si volle ampliare la piazza di fronte alla facciata principale. Nel 1558 la donazione di un gruppo di case nella zona del Campo Marzio, offerte da Vittoria Frangipane, consentì ai gesuiti di insediarsi nel sito occupato dall’attuale edificio.
Il primo nucleo del Collegio, che si rivelò ben presto insufficiente, fu ampliato a partire dal 1581 grazie all’interessamento ed ai finanziamenti di papa Gregorio XIII, che seguì direttamente i lavori della costruzione dell’ala prospiciente la piazza del Collegio. Il progetto curato dall’architetto gesuita Padre Giuseppe Valeriano (1542 – 1596), prese l’avvio nel 1582. Il Collegio Romano, con i suoi prospetti solidi ed infiniti, con la distribuzione interna semplice e ripetitiva, da una parte doveva esternare il rigido metodo di insegnamento dei gesuiti e la via morale e religiosa degli alunni, dall’altra divenire fonte progettuale per gli altri collegi da erigersi in tutto il mondo. L’importanza delle materie (logica, metafisica, filosofia naturale e morale, matematica) e delle principali lingue (latina, greca ed ebraica) e, ovviamente, della teologia, insieme al fatto che venivano insegnate gratuitamente ai giovani meritevoli, fecero del Collegio un vero e proprio centro di sperimentazione accademico-scientifica famoso a livello internazionale. La grandiosa facciata principale, realizzata interamente in mattoni, ad esclusione del basamento e delle cornici di porte e finestre, in travertino, è caratterizzato da un corpo centrale più alto ed emergente rispetto ai laterali, anch’essi a loro volta tripartiti e sovrastati da un attico coperto dal tetto. Il blocco centrale è qualificato da elementi estremamente caratterizzanti, come i grandi portali decorati con rilievi a forma di drago (stemma Boncompagni) e le finestre a timpano; l’epigrafe della fondazione, l’orologio che forniva l’ora esatta a tutti gli orologi della città, le due edicole per meridiane e la loggia per la campana. Due grandiose arcate poste sul lato del cortile che funge da controfacciata immettono ad eleganti scaloni con balaustre marmoree. La vasta costruzione attuale tuttavia, fu portata a compimento solo nella seconda metà del XVII secolo, con l’edificazione dei corpi di fabbrica occidentale e meridionale (verso la Minerva e verso l’attuale piazza del Collegio Romano), e quindi con la costruzione della chiesa di S.Ignazio, datata 1685.
La chiesa di Sant’Ignazio
Alla fine del ‘500, quando le attività del Collegio si svolgevano regolarmente nell’edificio promosso da Gregorio XIII, la chiesa dell’Annunziata era ancora funzionante, ma ormai insufficiente rispetto alle necessità del gran numero di collegiali. Fu così che, nel 1626, si procedette alla demolizione di parte della chiesa , che fu mutilata della navata sinistra ed il restante settore fu trasformato in guardaroba e “cereria” (deposito per le suppellettili sacre) della nuova chiesa prevista, mentre sopra fu realizzato un ampio ambiente arricchito dagli stucchi e dalle pitture del Borgognone. Promotore del nuovo grandioso tempio dell’Ordine fu il cardinale Ludovico Ludovisi, che affidò i lavori a Padre Orazio Grassi (1583 – 1654), insegnante di matematica presso il Collegio Romano e noto per le sue polemiche con Galileo Galilei sulla natura delle comete. L’area per l’edificazione della nuova chiesa fu ricavata dalla parte vecchia del Collegio, quella donata dalla marchesa Frangipane, in cui furono demoliti vari ambienti. Chiamato ad insegnare nei Collegi di Siena e di Savona, Padre Grassi lasciò la direzione dei lavori della fabbrica ad una altro Gesuita, Antonio Sasso. Il primo centenario dell’approvazione pontificia della Compagnia di Gesù fu celebrato, con coreografie meravigliose, in una chiesa ancora incompiuta e senza il cardinale Ludovisi, morto prematuramente. Nel 1685 i lavori furono interrotti, anche se all’epoca, a causa della carenza dei fondi, mancava ancora la cupola. Il problema fu brillantemente risolto da Andrea Pozzo (1642 – 1709), anch’egli Gesuita ed insegnante di prospettiva presso il Collegio, che in pochi mesi mise a punto una grande tela circolare dipinta a simulare l’emisfericità di una cupola: uno splendido trompe l’oeil di 17 m. di diametro (gravemente danneggiata da un incendio nel XIX secolo). La finta cupola fu rifatta sulla base degli antichi disegni da Francesco Manno. Fu a sua volta squarciata nel 1891 dall’esplosione di una polveriera e la copia è rimasta coperta fino al 1963, quando fu restaurata da Giuseppe Cellini. Allo stesso Pozzo, coadiuvato da giovani allievi, si deve la decorazione pittorica della crociera, del presbiterio e del catino absidale, su cui trionfa l’affresco della volta della navata raffigurante la Gloria di S. Ignazio: punto nodale della fabbrica gesuita e concepito come estrema esaltazione dell’Ordine attraverso la figura del suo fondatore, rappresenta uno dei vertici della cultura artistica tardo-barocca. L’interno della chiesa è impostato su una grande navata delimitata da pilastri sostenenti una ricca trabeazione e da colonne poste a preludio delle arcate che introducono alle cappelle laterali, riunite a loro volta da ampi passaggi e sormontate da cupole. L’opera dei gesuiti nel rendere splendido e grandioso il tempio di S. Ignazio si concretizzò inoltre in un ricchissimo apparato scultoreo e di stucchi, in pregevoli arredi liturgici e rivestimenti in preziosi marmi policromi, la cui summa è rappresentata dal fastoso altare maggiore e dall’altare della cappella di S. Luigi Gonzaga, ideati dallo stesso Padre Pozzo.
Le Biblioteche
La costruzione della chiesa di S. Ignazio comportò la necessità di modificare la sede della Biblioteca Maior o Secreta, cioè la Biblioteca “separata” dalle altre quattro Biblioteche minori che erano presenti nel Collegio. Si realizzò così il grande salone noto come “Crociera”, formato da un braccio longitudinale aperto in corrispondenza di un lungo corridoio, ottenuto mediante la chiusura del loggiato superiore della parte orientale del cortile dell’attuale “liceo Visconti” e da un braccio trasversale più grande: alla posizione incrociata dei due bracci si lega il nome di “Crociera”. Al di sopra del loggiato della parte settentrionale del cortile furono invece ricavati ambienti minori, annessi alla sala di lettura della Biblioteca. Nel 1989 i due locali e la sala di lettura sono stati assegnati alla Biblioteca Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, che vi ha spostato le proprie collezioni più preziose. Nel 1876 Ruggero Bonghi (1826 – 1895), allora Ministro dell’Istruzione, per la monumentalità ed il prestigio culturale che da sempre l’avvolgeva, scelse il Collegio Romano come sede della Biblioteca Nazionale intitolata a Vittorio Emanuele II, destinata a raccogliere una copia di tutto quello che si stampava su territorio italiano. Il patrimonio della Biblioteca era costituito, tra l’altro, dai volumi della Biblioteca dei gesuiti e dai numerosi lasciti provenienti dalle Biblioteche di molti altri enti ecclesiastici, da rari repertori, da raccolte di riviste e quotidiani, da manoscritti ed incunaboli, da autografi, da atti ufficiali e accademici italiani e stranieri. Nel 1975, a causa delle mutate esigenze del moderno istituto, la Biblioteca è stata trasferita nel complesso appositamente costruito presso Castro Pretorio, dove ha attualmente sede la Biblioteca Nazionale Centrale. Il salone gregoriano del Collegio Romano, posto accanto alla grande sala Vittorio Emanuele II, conserva le stigliature lignee originali ed una monumentale statua raffigurante Papa Gregorio XIII, collocata in una nicchia della parete destra; già adibito all’emeroteca trasferita nella Biblioteca Nazionale, il salone ospita attualmente le collezioni bibliografiche specialistiche e giuridiche del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Dopo opportuni restauri, sulla parete di fondo del salone è stato rimontato il grande banco della distribuzione dei libri che in origine campeggiava nella sala d’accoglienza della Biblioteca Vittorio Emanuele II.
Il Museo Kircheriano e l’Osservatorio
La componente scientifica rappresentò uno degli elementi di maggior spicco del Collegio, legata a personaggi eminenti che furono protagonisti nell’attività della scuola. Primo fra tutti deve essere ricordato Padre Athanasius Kircher (1602 – 1680), docente di matematica, di fisica e di lingue orientali, che riordinò la collezione di “varie cose curiose e di prezzo” donate al Collegio dal nobile Alfonso Donnini nel 1651; il sacerdote sfruttando la donazione, diede l’avvio alla costituzione di un vero e proprio eclettico Museo di antichità, arte, tecnologia, curiosità e scienza. Attento osservatore dei fenomeni naturali, inventore di strumenti ottici, acustici e musicali, studioso degli antichi geroglifici, consigliere di Gianlorenzo Bernini (1598 – 1680) nella progettazione della Fontana dei fiumi di piazza Navona e nella sistemazione dell’Elefantino della Minerva, Kircher si dedicò alla moda del tempo di allestire le cosiddette “stanze delle meraviglie” (wunderkammer) e fece del museo messo a punto all’interno del Collegio un’esposizione di alto livello scientifico, che gli valse la notorietà su scala internazionale e l’onore di una visita della regina Cristina di Svezia. Con la soppressione dell’Ordine, nel 1773, la collezione fu smembrata, anche se le raccolte scientifiche, etnografiche ed archeologiche rimasero presso il Collegio. Dopo la proclamazione del Nuovo Stato Unitario furono istituiti un museo preistorico, uno italico ed un lapidario. Nel museo preistorico, inaugurato nel 1876, confluirono le donazioni di studiosi e collezionisti, tra cui quella di Luigi Pigorini (1842 – 1925) e con la nuova collezione così costituita si allestì il Museo preistorico etnografico, in seguito dedicato proprio al Pigorini. Il museo rimase nel Collegio fino al 1962, quando fu trasferito nell’attuale sede dell’Eur. La cattedra di astronomia del Collegio Romano fu detenuta nel corso del tempo da studiosi eminenti, che hanno dato lustro alla tradizione scientifica della scuola: nella seconda metà del Cinquecento fu ricoperta dal Padre gesuita tedesco Cristoforo Clavio (1537 – 1612), principale redattore della riforma del calendario gregoriano voluta da papa Gregorio XIII nel 1582. Nel 1787 Giuseppe Calandrelli, sacerdote dell’Ordine secolare, astronomo e matematico, fece costruire la torre per le osservazioni che, svettante dalla grande fabbrica del Collegio Romano, fu poi denominata Torre Calandrelli e fu affiancata nel 1855 da altre due torrette, volute da Padre Angelo Secchi (1818 – 1878), che alla metà dell’Ottocento promosse la costruzione di un nuovo osservatorio, noto a tante generazioni di romani come riferimento per l’ora esatta. Dopo la proclamazione del Nuovo Stato Unitario il governo istituì presso il Collegio Romano l’Ufficio Centrale di meteorologia, che iniziò a funzionare nel 1879. L’attività della struttura perdura oggi nell’Ufficio Centrale di ecologia agraria (UCEA), che dipende dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ed ha una propria stazione meteorologica nella Torre Calandrelli. La struttura, nella cui vecchia specola si trova una piccola meridiana tracciata in parte sul pavimento ed in parte sulla parete, continua ancor oggi ad assolvere alla registrazione sistematica dei dati climatici.
Le Istituzioni
Il complesso del Collegio Romano è assegnato in uso, per una parte, al Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed ospita, sin dal 1975, data di istituzione, gli uffici centrali del Ministero e del Gabinetto del Ministro; il complesso è inoltre sede, dal 1871, del liceo “Ennio Quirino Visconti”, il primo regio liceo-ginnasio del nuovo Stato Unitario. La scelta di collocare la scuola all’interno del Collegio, da sempre considerato una delle massime espressioni dell’insegnamento religioso, fu vista dal mondo clericale come una vera e propria usurpazione dei diritti del preesistente Stato Pontificio, tanto da originare tensioni e conflitti fra scuole ecclesiastiche e scuole laiche, nella nuova Capitale d’Italia. In occasione dell’insediamento del liceo nel palazzo, allo scopo di distinguere le porzioni dell’edificio con differenti destinazioni d’uso, furono murate le porte del pianterreno che erano state realizzate nel corso del XVIII secolo per collegare il cortile con la zona absidale della chiesa di S.Ignazio, così come vennero chiuse anche quelle che collegavano la Biblioteca Segreta ed altri locali conventuali, in un complesso di modifiche che hanno tuttavia rispettato le originarie volumetrie e l’assetto dei prospetti. Il cortile del “liceo” è un quadriportico scandito da un loggiato a due ordini di arcate, caratterizzato da un sistema di pilastri di travertino sormontati da capitelli ionici (nel primo ordine) e corinzi (nel secondo ordine), in linea con la tipologia più diffusa nei cortili dei palazzi romani coevi. Al portico continuo del primo ordine fa da contraltare il livello superiore, dove la parte porticata occupa solo i lati ovest e sud. Il lato est fu infatti chiuso al momento della costruzione della Biblioteca, mentre il quarto (nord), mai portato a compimento, è qualificato da una basso prospetto ritmato da finestre intervallate da paraste. Nel marzo del 2006 è stato inaugurato il restauro del cortile del “liceo”, realizzato in collaborazione tra la Provincia di Roma e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Comune di Roma. L’intervento ha reso possibile il recupero di una vasta parte del complesso monumentale, nonché di una delle zone più significative della fabbrica, realizzata tra il 1581 e il 1585 dal gesuita Giuseppe Valeriano (15242 – 1596). Il cortile, di cui dopo il recente restauro si è recuperato il primitivo impianto pavimentale, è caratterizzato da una pavimentazione in fasce di travertino disposte a contenere spicchi di mattoncini a “spina di pesce”, su una superficie che prima dei restauri era occultata da un manto d’asfalto. Si tratta del più comune tipo di pavimentazione in uso nei palazzi nobiliari e papali della fine del ‘500, i cui materiali, gli stessi della facciata principale, nella loro essenzialità e solidità, ben si conciliavano con la volontà gesuitica di vedere, nella realizzazione del Collegio Romano, l’affermazione dei principi morali, religiosi e civili di cui la Compagnia era interprete e portatrice a Roma e nell’intero mondo cristiano. Contestualmente al ripristino della pavimentazione originaria l’operazione di restauro ha coinvolto il loggiato e i due prospetti seicenteschi della Biblioteca Maior (ora in parte occupata dagli uffici del MiBAC) che si affacciano sul cortile, a cui sono stati restituiti i raffinati trompe l’oeil imitanti infissi e vetri con trafilature in piombo.