CONVERSAZIONI AL MUSEO | TRA ARCHITETTURA DIPINTA E CODICI MINIATI - ARCH. MANARA (18/05) PROF. GHEROLDI (25/05) AL MUSEO NAZIONALE DI RAVENNA
Apertura
Date di apertura
Inizio evento
Fine evento
Prenotazione Non richiesta
Orario di apertura:
- Lun
- Chiuso
- Mar
- Chiuso
- Mer
- Chiuso
- Gio
- 08:30 - 19:00
- Ven
- Chiuso
- Sab
- Chiuso
- Dom
- Chiuso
Informazioni apertura
InfoDescrizione
Giovedì
18 maggio alle 17.30, su invito della direttrice del Museo nazionale di
Ravenna, dott.ssa Letizia Lodi, l’arch. Sandra Manara, direttore del
Mausoleo e del Palazzo di Teodorico ed esperta di ceramiche presenta una
conferenza dal titolo Architettura picta nella maiolica istoriata del Museo
Nazionale di Ravenna.
Fra le collezioni dei monaci camaldolesi di Classe
“ereditate” dal Museo Nazionale vi sono manufatti appartenenti alle classi
ceramiche di maggiore pregio e in particolare molti esemplari attribuibili alle
grandi produzioni “istoriate” di XVI secolo, realizzate nelle botteghe di
Faenza, Forlì, Deruta, Urbino e Castelli.
Il termine “istoriato” si riferiva al genere di
decorazioni scelto per ornare piatti, catini e vassoi, ricoperti con uno spesso
strato di smalto sul quale venivano riprodotte in policromia immagini
mitologiche, bibliche e di storia romana. La nascita di tale lavorazione di
pregio viene in genere individuata nelle officine di Faenza, ma ben presto il
gusto si diffuse in numerosi altri laboratori dell’Italia centrale.
Giovedì
25 maggio alle 17.30, sarà invece ospitato il
professor Vincenzo Gheroldi e la sua conversazione, dal titolo Tecniche
di pittura e strategie politiche: due commissioni di Pandolfo III Malatesta verterà su due commissioni, assai
lussuose, di Pandolfo III il Grande (1370 – 1427), signore di Fano, Brescia e
Bergamo: il codice miniato "De Civitate Dei” oggi alla Biblioteca
Gambalunga di Rimini e la Cappella di Gentile da Fabriano del Broletto di
Brescia, entrambe eseguite fra il 1414 e il 1419. Il signore romagnolo, nutrendo
l’ambizioso progetto di unire in una grande signoria i domini di famiglia in
Romagna alle signorie padane, investiva anche in forme d’arte utili a vari fini
“comunicativi”. Gheroldi dimostrerà come le spese di ingenti capitali, per
materiali pittorici e tecniche di pittura molto elaborate, non erano
finalizzate solo ad esibire il lusso, ma anche per fare sapere agli avversari
la disponibilità di denaro liquido: denaro che avrebbe potuto spendere per
l'esercito, le ambascerie e la corruzione dei capitani avversari.