Apollo e Dafne

BINARIO DELLA MEMORIA | LELLO DI SEGNI


"Ricordo che il treno fece una sosta ad Innsbruck, ma nessuno ci ordinò di scendere, tutti rimanemmo al nostro posto, immobilizzati dalla paura, le provviste erano finite. Il vagone era diventato una latrina perché eravamo costretti a fare i nostri bisogni negli angoli. Ricordo che la cosa più terribile fu la sete. Ogni tanto lanciavo degli sguardi a mia madre che cercava di tenersi il più possibile accanto a lei i bambini. Quando arrivammo al campo di Auschwitz-Birkenau era ancora buio".

Edoardo Gaj (a cura di), Buono sogno sia lo mio: la storia di Lello Di Segni, Roma, 2008, p. 19


LELLO DI SEGNI, nato a Roma il 4 novembre 1926, è figlio di Cesare (1899-1978), venditore ambulante, e di Enrica Zarfati (1902-1943). A causa delle pessime condizioni economiche familiari dovute alla perdita della licenza del padre, pur giovanissimo è costretto a contribuire al sostentamento dell’intera famiglia.

Il 16 ottobre 1943 viene catturato con tutto il nucleo familiare: la madre, il padre, la nonna, Celestina Di Veroli (1972-1943), e i tre fratelli minori, Angelo (1930-1943), Mario (1935-1943) e Graziella (1938-1943). A Birkenau, solo lui col padre supera la selezione: è immesso nel campo per il lavoro schiavo e immatricolato con il numero 158526.

Lello, tuttavia, rimane pochissimo tempo col padre: viene quasi subito trasferito nel Lager istituito a Varsavia sulle rovine del ghetto.

Qui per mesi è costretto a un durissimo lavoro di scavi tra le macerie. In estate del 1944 è trasferito ad Allach, un sottocampo di Dachau, dove viene assegnato al lavoro in una fabbrica di motori. Vede la liberazione da parte degli americani a Dachau nell’aprile del 1945.

Il 10 giugno fa ritorno a Roma, dove contro ogni previsione ritrova il padre Cesare: il loro, infatti, è uno dei rarissimi casi di sopravvivenza di padre e figlio dalla deportazione ad Auschwitz. Nel dopoguerra esercita la professione di venditore ambulante, si sposa con Silvia Tagliacozzo e ha un figlio, Roberto. Apre un negozio di abbigliamento intimo, che tiene fino alla pensione. All’inizio degli anni ’90 decide di raccontare al mondo la tragedia della razzia e della deportazione.

Nel 2008 esce il suo volume di testimonianza: Buono sogno sia lo mio, a cura di Edoardo Gaj.

Ultimo testimone vivente della razzia del 16 ottobre 1943, si è spento a Roma il 26 ottobre 2018. 


© 2021 MiC - Pubblicato il 2024-03-25 15:22:29 / Ultimo aggiornamento 2024-03-25 15:22:59
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