"All’interno dei carri bestiame la temperatura del pomeriggio e il calore dei corpi ammassati stavano rendendo l’aria irrespirabile. Di notte invece calava un freddo terribile e cercavamo di scaldarci stringendoci l’uno accanto all’altro. Il treno non si fermò mai finché non giunse a Padova. Le nostre gole erano ormai riarse e avevamo tutti una sete terribile. Supplicavamo a gran voce dell’acqua, ma le sentinelle stavano lì irremovibili, fingendo di non sentirci. […] In quei giorni morì nel mio vagone una signora tedesca, la signora Rothschild, che aveva 90 anni, e noi fummo costretti a convivere con il suo cadavere per tutto il resto del viaggio. Nel lungo treno c’erano anche molti bambini. Inizialmente urlavano disperati per la paura e per la fame, ma in seguito la debolezza, la mancanza di cibo e la spossatezza per quelle condizioni umane ebbero il sopravvento e si acquietarono".
Arminio Wachsberger, L’interprete: dalle leggi razziali alla Shoah, storia di un italiano sopravvissuto alla bufera, Milano, Proedi, 2010, pp. 60-65
ARMINIO WACHSBERGER nasce a Fiume il 4 novembre 1913. Figlio del rabbino capo della città, David, e di Matilde Miriam Gellis, ungherese di origine, ha sette fratelli.
Durante il servizio di leva militare Arminio è assegnato alla sede romana del Ministero dell’Aeronautica. Rimane poi nella capitale lavorando come impiegato e come interprete. Nel 1937 sposa Regina Polacco (1912-1943) e l’anno seguente nasce la figlia Clara, che si ammala presto di poliomielite.
Il 16 ottobre 1943 viene arrestato nella sua casa in Lungotevere Ripa 6 con moglie, figlia, suoceri, Moise Polacco (1875-1943) e Carlotta Cesana (1876-1943), e Vittorio, un bambino di due anni, figlio del cognato che si trova fuori Roma. Nelle fasi concitate che seguono l’arresto, dal camion Arminio riesce a gettare questo bambino nelle braccia della portiera del suo palazzo, salvandogli così la vita.
Al Collegio Militare, l’ufficiale nazista responsabile della retata, Theodor Dannecker, lo utilizza come interprete. Questo ruolo gli viene affidato anche sulla Judenrampe di Birkenau dal dottor Mengele all’arrivo del convoglio, ed egli svolgerà questo compito fino alla liberazione. La moglie e la figlia Clara sono invece uccise immediatamente dopo la selezione.
Immatricolato con il numero 158639, Arminio viene trasferito a Varsavia, nel campo istituito sulle rovine del ghetto. Nel luglio del 1944, quando avviene la liquidazione di questo campo, è mandato all’interno del Reich, a Dachau e in alcuni dei suoi sottocampi, dove vede la liberazione nell’aprile del 1945. Decide di rimanere in Germania per svolgere il ruolo di direttore amministrativo in un campo per Displaced Persons, a Feldafing, piccolo paese a sud di Monaco di Baviera. Qui conosce e sposa Olga Wiener, ungherese sopravvissuta ad Auschwitz. Nel 1946, a Monaco di Baviera, diventa padre di una bambina che riceve il nome della prima figlia uccisa dai nazisti: Clara. Nel 1949 ritorna in Italia, a Milano, e lavora di nuovo per la Ammonia, la ditta chimica che lo aveva coraggiosamente assunto dopo l’8 settembre del 1943. Nel 1954 diventa ancora padre di una bimba, Silvia. Muore nel 2002.