Museo archeologico nazionale di Pontecagnano e Parco archeologico di Pontecagnano
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Carosello galleria
Sala espositiva centrale del Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano “Etruschi di frontiera”
Al centro della sala museale un ampio spazio è riservato al periodo orientalizzante (ultimo quarto dell’VIII-VII sec. a.C.), corrispondente al momento di massima fioritura dell’insediamento dell’antica Pontecagnano. E’ questo il tempo della ‘Città dei Principi’, così definita per l’emergere di gruppi aristocratici detentori del potere politico e di notevoli risorse economiche. Fulcro dell’esposizione è la ricostruzione in scala reale della tomba 928
Veduta esterna dell'edificio che ospita il Museo Archeologico nazionale di Pontecagnano
Il Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano ha sede in un edificio moderno appositamente realizzato, che ha sostituito un precedente allestimento risalente al 1978 non più sufficiente ad ospitare le ricche testimonianze archeologiche relative all’ultimo avamposto etrusco in Italia. Il progetto dell’edificio, realizzato dall’architetto Giancarlo Cosenza, definisce luoghi razionali e funzionali e risponde a criteri di chiarezza e rigore nell’uso degli spazi. L’edificio consta di tre piani: il piano interrato è destinato al deposito dei materiali archeologici; al piano terra si trovano i servizi connessi alla visita, un auditorium con foyer e i laboratori; il secondo piano ospita lo spazio per l’allestimento permanente e le mostre temporanee.
Ingresso sala espositiva del Museo con mappa del paesaggio antico dell’Agro Picentino
Punto d’inizio del percorso espositivo del Museo Archeologico di Pontecagnano è un grande pannello raffigurante la ricostruzione del paesaggio antico dell’Agro Picentino, su cui campeggia il testo “Gli Etruschi di frontiera. Incontro di genti, religioni e lingue, mentalità e culture”, che evoca la funzione svolta dall’antico insediamento di Pontecagnano e che rappresenta al tempo stesso il filo conduttore della narrazione.
Elmo d’impasto configurato, fine IX sec. a.C.
Reperto emblematico della collezione del Museo, questo elmo d’impasto configurato, a imitazione di quelli in legno o metallo impiegati dai guerrieri, era destinato a sormontare un vaso biconico utilizzato nel rituale funerario villanoviano per custodire le ceneri del defunto. Sulla parte terminale sono raffigurate a tutto tondo due figure umane molto singolari, con i tratti somatici e le estremità notevolmente sviluppati. La figura femminile, caratterizzata dalla resa plastica dei seni e di una treccia lungo la schiena, cinge il personaggio maschile, raffigurato leggermente più basso e con la testa coperta da un copricapo. L’immagine è stata oggetto nei decenni scorsi di numerosi studi e interpretazioni, la più attendibile delle quali riconosce in questa coppia la raffigurazione di una divinità ultraterrena intenta ad accompagnare il defunto nell’aldilà.
Maschera equina in bronzo, fine VIII sec. a.C.
La maschera equina in lamina di bronzo è uno dei reperti più preziosi del MAP, unico nel suo genere. Rinvenuta nella tomba di un principe di Pontecagnano, proprietario di cavalli e depositario della funzione del sacrificio, la maschera è costituita da due metà simmetriche, unite da una cerniera centrale, e proteggeva integralmente la testa del cavallo. Le scene raffigurate attraverso la tecnica a sbalzo sono ispirate al mondo della caccia: su un facciale sono rappresentati un arciere e un leone nell’atto di assalire una capra, sull’altra metà, due cinghiali e un cervo. Lo stile dimostra una forte impronta orientale e influssi greci; attraverso confronti con oggetti in bronzo ed elementi di armature realizzati con la stessa tecnica, è stato possibile individuare come probabile luogo di produzione la città etrusca di Vetulonia.
Servizio da vino in argento e oro dalla tomba 928, secondo quarto del VII sec. a.C.
Lo splendido servizio da vino in argento e oro costituiva il tesoro personale del principe etrusco della tomba 928. Simboli del lusso e dello stile di vita principesco, questi oggetti esotici importati dall’Oriente, caratterizzati dal pregio dei materiali e dalla raffinatezza tecnica, testimoniano i contatti delle élite aristocratiche di Pontecagnano con tutto il Mediterraneo antico.
Kotyle del Pittore del Lupo cattivo, VI sec. a.C.
Nel 1966 è stata rinvenuta in una ricca sepoltura di Pontecagnano questa coppa raffigurante la gorgone e il lupo che la insegue, una scena curiosa che ha goduto di grande fortuna divenendo una delle immagini-simbolo del Museo. Il vaso appartiene ad un gruppo di ceramiche fabbricate da artigiani emigrati dall’Etruria, che agli inizi del VI secolo a.C. avviano a Pontecagnano una produzione di ceramica figurata ad imitazione di quella corinzia. La singolare iconografia del mostro mitologico è stata ideata e dipinta dal “Pittore del Lupo Cattivo” su un vaso prodotto a Pontecagnano agli inizi del VI sec. a.C. Messa in fuga da un lupo con le fauci spalancate, la gorgone abbandona per un attimo le sue fattezze terrificanti assumendo un aspetto grottesco, reso attraverso l’espressione del volto e una gestualità estremamente enfatizzata. Questa scena, come tante altre in cui figura la gorgone, aveva in antichità la funzione apotropaica di allontanare il male e la paura dell’ignoto.
Corazza e cinturone di bronzo e punta di giavellotto in ferro, ultimo quarto del V sec. a.C.
Il guerriero della tomba 1573 era deposto con la lancia e la corazza di tipo italico propria dei guerrieri sanniti. La corazza è costituita da due piastre decorate da tre dischi, che proteggevano il petto e il dorso, ed erano collegate tra loro da spallacci e placche laterali. Essa era fissata a un supporto di stoffa o cuoio, come indicano i numerosi forellini lungo il bordo, e indossata su una tunica corta trattenuta in vita da un cinturone in bronzo con ganci a palmette.
Applique in bronzo con testa di gorgone, metà del IV sec. a.C.
La bellissima maschera di gorgone del tipo “umanizzato” proviene dalla tomba di un giovinetto il cui corredo è costituito da numerosi oggetti, dono di entrambi i genitori. La presenza nella sepoltura di vasi da mensa, del pugnale, dei cinturoni e dello strigile in bronzo allude al ruolo guerriero che il giovane avrebbe assunto da adulto mentre le statuette di divinità in terracotta sono simboli religiosi deposti a protezione del defunto nell’aldilà. Non sappiamo con certezza quale fosse l’utilizzo dell’applique in bronzo. I fori presenti lungo il margine superiore della capigliatura suggeriscono potesse essere un ornamento da applicare su vesti o cinture oppure un elemento decorativo da appendere alle pareti.
Lastra centrale della tomba "della donna con ombrellino", seconda metà del III sec. a.C.
Nel 2017 è stata portata alla luce una monumentale tomba a camera costruita in blocchi di travertino, databile alla seconda metà del III secolo a.C. La sepoltura, preceduta da un dromos di accesso, presentava un’ampia camera a pianta quadrangolare con tre letti funebri disposti lungo le pareti. Le pareti laterali sono decorate da bende e velari in rosso e in nero, sopra ai quali corre un motivo ad onde in rosso, mentre la parete centrale presenta una scena figurata: al centro due personaggi affrontati, uno femminile l’altro maschile, dietro la donna un’altra figura femminile di dimensioni minori, probabilmente un’ancella, incede reggendo un ombrellino parasole. Dietro la figura maschile, invece, è rappresentato un altro uomo di dimensioni minori. Il piano su cui poggiano le figure è reso con una fascia ondulata nera, il che lascia ipotizzare l’ambientazione nell’Ade della scena, che rappresenterebbe dunque l’accoglimento della defunta nell’aldilà da parte di un membro della famiglia.
Pietro Lista, Cavallo, legno e corda, 1975
Il telaio in legno su cui è intessuta in corda l’immagine bidimensionale di un cavallo, sospeso al centro della sala museale al di sopra della grande tomba principesca, dà vita a un confronto dialettico continuo tra archeologia e arte contemporanea. L’essenzialità della forma, l’impiego di “materiali minimi”, il ricorso alla tecnica della tessitura costituiscono suggestivi rimandi alla collezione archeologica del Museo, elementi di cui è fortemente permeata la formazione e la poetica artistica di Lista. Esposto prima alla mostra temporanea “Hoc opus fecit…Pietro Lista”, è stato poi donato dall’artista al Museo entrando a far parte della collezione permanente del MAP.
Parco Archeologico di Pontecagnano, Pontecagnano Faiano (SA)
Il Parco Archeologico di Pontecagnano, recentemente entrato a far parte dei siti gestiti dalla Direzione regionale Musei Campania, si estende su una superficie di 22 ettari situata alle spalle dell’abitato moderno e comprende i resti dell’antico abitato etrusco – campano, esplorato solo in minima parte. Gli scavi, che proseguono con regolarità grazie alle campagne condotte annualmente dall’Università degli Studi di Salerno e dall’Università degli Studi del Molise, hanno portato alla luce un intero isolato della colonia romana di Picentia con il suo asse viario principale (decumano), una strada minore e resti di numerose fasi edilizie che hanno consentito di documentare la vita del centro fino alla sua decadenza in età tardo-antica.