Museo archeologico nazionale delle Marche
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InfoDescrizione
IL MUSEO E LA SUA STORIA L’intento di tutela e raccolta dei beni archeologici provenienti dal territorio regionale nasce con l’attività della Commissione Conservatrice, che effettuò il primo acquisto di reperti nel 1863.
La strutturazione delle
collezioni si deve a Carisio Ciavarini, che portò all’istituzione del Gabinetto
Paletnografico e Archeologico nel 1868. A fronte dell’esponenziale aumento
delle raccolte archeologiche, la sede fu trasferita prima presso Palazzo degli
Anziani, poi al ex Convento di San Domenico e nel 1898 negli spazi dell’ex
Convento degli Scalzi, in via Duomo.
Nel 1906
l’istituzione museale ottenne il titolo di Regio Museo Archeologico Nazionale
delle Marche. A differenza di altri importantissimi musei nazionali, quello
marchigiano non nasce dal lascito di grandi collezioni aristocratiche, ma
dall’intento di salvaguardia del patrimonio della regione, con approccio
positivista e visione topografica, in stretto legame con il territorio. Proprio
Ciavarini dichiara un’idea di museo “che raccogliesse tutti i monumenti
dall’età della pietra in poi, rinvenuti con certezza nella regione”.
Innocenzo Dall’Osso
contribuì nei primi decenni del ‘900 a rinnovare il Museo, anche grazie a
fortunatissime scoperte in tutta la regione, con rinvenimenti che ancora oggi
rappresentano le pietre miliari dell’archeologia marchigiana.
Nel 1927 fu
inaugurata, alla presenza del Re Vittorio Emanuele III, la sede del Regio Museo
Archeologico Nazionale allestita presso l’ex Convento di San Francesco alle
Scale, poi distrutta dai bombardamenti nel 1944.
Si deve ai
Soprintendenti Annibaldi e Pacini la rinascita del Museo Archeologico Nazionale
delle Marche, al quale fu destinato Palazzo Ferretti, acquisito dallo Stato
subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Inaugurato nel
1958, l’allestimento fu affidato a un giovane architetto, Franco Minissi, che
realizzò un percorso espositivo contemporaneo. A seguito dei danni del sisma
del 1972 il M A N Marche fu disallestito per consentirne la ristrutturazione,
reinaugurando del tutto rinnovato nel 1988, con la sezione protostorica-picena.
Anche questo secondo progetto si deve a Minissi, divenuto nel frattempo una
delle più importanti firme della museografia internazionale.
Fra il 1990 e il
1997 furono aperte le sezioni relative al Paleolitico e alle età del Metalli,
mentre fra il 2010 e il 2015 è stata allestita la sezione della città di Ancona
in età ellenistica e romana.
Nel 2023, a 50 anni
dal sisma di Ancona e a 160 anni dalla nascita delle collezioni archeologiche,
torna fruibile al pubblico in una nuova veste espositiva la sezione dedicata all’età
romana nelle Marche.
LE COLLEZIONI Le collezioni del M A N Marche raccolgono un ricchissimo patrimonio archeologico, che conta più di 100.000 reperti e 90.000 monete, custoditi in larga parte dei depositi museali, attualmente al centro di un progetto finanziato grazie al PNRR per renderli accessibili.
La ricchezza delle raccolte consente un
percorso completo nella storia e prima della storia. È infatti possibile
ammirare i primi manufatti realizzati dal genere umano, risalenti al
Paleolitico come quelli del Monte Conero (300.000 anni fa), e rari esempi di
arte paleolitica, come la Venere di Frasassi (28.000/25.000 anni fa) e quella
di Tolentino (10.000 anni fa).
Nella sezione preistorica sono presenti
alcuni dei siti fondamentali per la conoscenza dello sviluppo tecnologico umano,
con l’introduzione dell’agricoltura e della terracotta (Ripabianca di
Monterado, Trecastelli-AN, IV millennio a.C.) e della metallurgia (Conelle di
Arcevia-AN, III millennio a.C.), per proseguire nell’Età del Bronzo (2.200-900
a.C.), dagli insediamenti costieri alle cavità della Gola di Frasassi. Eccezionale
la necropoli a cremazione di Pianello di Genga (AN).
Le sezioni dell’Età del Rame e del Bronzo
sono in riallestimento.
Con il passaggio all’Età del Ferro prende
forma la Civiltà dei Piceni, identitaria del medio-Adriatico e cuore delle
collezioni del M A N Marche.
L’unitarietà culturale dell’VIII secolo
a.C., visibile in tutta la regione nei gli ornamenti e nelle simbologie solari,
da Canavaccio d’Urbino (PU) a Porto S. Elpidio (FM), manifesta sfumature
territoriali già nel VII secolo a.C., spesso incardinate nelle vallate a
pettine dell’orografia marchigiana, ed esplode il fenomeno “orientalizzante”,
nelle produzioni artigianali ma, anche e soprattutto, in un diverso modello
societario con figure principesche dalle ricche sepolture: sono eclatanti gli
esempi di Fabriano (AN), San Severino Marche (MC) e Matelica (MC).
Nel VI e V secolo a.C., massimo splendore
della Civiltà Picena, fioriscono centri sia costieri sia interni, fra i quali
primeggiano Belmonte Piceno (FM) e Numana-Sirolo (AN). È questo il momento in
cui si infittiscono i contatti con il mondo greco, magnogreco ed etrusco, a cui
di devono molti eccezionali manufatti oggi esposti in Museo.
La sezione celtica del M A N Marche
accoglie e reperti dei Galli Senoni, giunti nelle Marche nel IV secolo a.C., distinguendosi
per la particolare fascinazione per l’oro. Le oreficerie sono esuberanti, sia
celtiche sia etrusche e magnogreche, come nelle necropoli di S. Paolina di
Filottrano (AN) e S. Filippo d’Osimo (AN). Eccezionali le corone floreali auree
da Montefortino d’Arcevia (AN), realizzate in Grecia settentrionale.
I Celti sono rappresentanti anche nelle
terrecotte del santuario di Civitalba (Sassoferrato-AN), a monito della
conflittualità con Roma, vincitrice nella battaglia delle Nazioni nel 295 a.C.
La città di Ancona ha una sezione
dedicata, per la peculiarità della sua storia. Rifondata dai Dori, esuli
siracusani, esprime la propria grecità fino alla piena età romana, come
visibile nella necropoli ellenistica.
La nuova sezione romana raccoglie i reperti dal territorio marchigiano delle Regio V Picenum e Regio VI Umbria, dai centri romani che, in connessione con tutta la penisola attraverso i due principali assi viari, la via Flaminia e la via Salaria. Le opere esposte narrano di committenze raffinate che arricchiscono le aree pubbliche delle città con apparati monumentali e celebrativi, pur mantenendo i caratteri identitari delle comunità locali, visibili nelle sepolture, come a Urbino (PU), a Fano (PU) e a Porto Recanati (MC). PALAZZO FERRETTI Il M A N Marche trova sede in Palazzo Ferretti, elegante e maestoso complesso realizzato a partire dalla metà del XVI secolo per volontà del Conte Angelo di Girolamo Ferretti. Il progetto originale è attribuito ad Antonio da Sangallo il Giovane, architetto civile e militare, già attivo nell’edificazione della Fortezza della Cittadella per volere di papa Clemente VII nel 1540.
Il ricco apparato
decorativo fu commissionato intorno al 1560 al pittore manierista e architetto
Pellegrino Tibaldi, impegnato in diversi progetti nella città di Ancona.
All’artista e alla sua bottega sono attribuite le decorazioni del primo piano
nobile del Palazzo: il grande fregio pittorico con le divinità dell’Olimpo e le
virtù nel Salone dei Ricevimenti, gli affreschi delle sale dei miti e degli
emblemi ad esso adiacenti e i pregiati soffitti lignei intagliati e dipinti.
Le decorazioni del
secondo piano nobile furono eseguite tra il 1577 e il 1585 durante la signoria
di Marcantonio Ferretti, ultimogenito di Angelo. I soffitti sono riccamente
affrescati con lo stile del tempo, in particolare nella volta del Salone delle
Feste si alternano variopinti motivi a grottesca a riquadri con vedute di
paesaggi, scorci di città, figure mitologiche, monumenti e ruderi.
Nel 1759 Cristoforo
Ferretti commissionò importanti lavori di ampliamento, la cui progettazione è
riconosciuta all’architetto Luigi Vanvitelli.
Questi comportarono l’inglobamento dell’adiacente torre medievale dei
Fatati, la revisione della facciata con il suo ampliamento, il riposizionamento
dei portali, divenuti tre, e l’inserimento del balcone centrale, lo scalone
d’onore che collega i piani della dimora, la terrazza pensile e scenografica,
il portico e la loggia a grandi vetrate e le gallerie panoramiche sulla
facciata a mare. L’ampliamento settecentesco fu arricchito
da statue in stucco, busti in marmo e putti, attribuibili alla bottega di Gioacchino Varlè, attiva ad Ancona.
Tra il 1928 e il
1930 i Conti Ferretti commissionarono alcuni lavori di restauro all’architetto
milanese Paolo Tornaghi, che ripristinò alcuni appartamenti di rappresentanza.
Interventi di
restauro furono necessari nel dopoguerra, a seguito dei pesantissimi
bombardamenti che devastarono i quartieri affacciati sul porto di Ancona, dai
quali Palazzo Ferretti si salvò accusando solo danneggiamenti non troppo
rilevanti.
A seguito dello
sciame sismico del 1972 furono necessari importanti interventi strutturali, con
lavori durati un decennio.
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Affreschi del Salone delle feste di Palazzo Ferretti
Ingresso al Salone Tibaldi
Ritratto in marmo di Augusto capite velato
Particolare di una delle corone d'oro da Montefortino di Arcevia
Bracciale della Tomba della Regina
Bracciale d'oro da Montefortino di Arcevia