Tipo Luogo:
Biblioteca Statale
Biblioteca Universitaria di Padova
Apertura
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Informazioni apertura
Info
La Sala Manoscritti apre lunedì e giovedì dalle ore 10 alle ore 17.00. Negli altri giorni dalle ore 10.00 alle 13.30.
Descrizione
Istituita nel 1629 dalla Repubblica Veneta a “commodo" e "decoro” e "ornamento maggiore" dello Studio patavino, è la più antica delle biblioteche universitarie italiane.
Nel 1631 fu trasferita dalla primitiva sede, il convento dei Gesuiti presso Pontecorvo, alla prestigiosa Sala dei Giganti del palazzo prefettizio, nell’attuale piazza Capitaniato.
Il primo bibliotecario fu l’umanista
Felice Osio, ideatore e principale sostenitore dell’istituzione a Padova di una moderna struttura bibliotecaria in funzione dell’Università.
L’incremento librario doveva essere assicurato dal deposito obbligatorio di una copia di quanto si stampava nel territorio della Repubblica Veneta e da una tassa imposta ai laureati e ai professori di nuova nomina. Vi contribuì in misura notevole nel corso del Sei e del Settecento anche l’acquisizione di biblioteche private dei docenti, tra cui quelle del giurista Bartolomeo Selvatico (1631), del matematico Bartolomeo Sovero (1632), dei medici Pompeo Caimo (1636) e Giacomo Zabarella (1646), del giurista Gianbattista Rainis (1725) e del botanico Felice Viali (1727). Nel 1773 fu nominato bibliotecario interinale Simone Stratico, professore di matematica e nautica e uomo di vasta cultura, sensibile alle idee illuministe, che tenne l’incarico per circa un decennio dedicandosi a modernizzare e razionalizzare il funzionamento della Biblioteca, per la quale quindi si aprì un periodo fecondo di innovazioni: tra le nuove acquisizioni è da ricordare l’acquisto (1773) dei 5.000 volumi della biblioteca di Giambattista Morgagni, grande anatomista morto nel 1771. Fu compilato inoltre, tra il 1773 e il 1776, a cura del bibliotecario Angelo Antonio Fabbro, il nuovo catalogo alfabetico generale per autore.
Per effetto di questa gestione, tra il 1773 e il 1776 la consistenza della biblioteca passò da 13.000 a 40.000 titoli. Confluirono ancora negli ultimi decenni del Settecento la biblioteca del naturalista Antonio Vallisneri e i libri a stampa del monastero padovano dei Canonici Lateranensi di S. Giovanni da Verdara, soppresso nel 1783. Significativi sono di questo periodo gli acquisti di periodici e atti accademici italiani e stranieri che permisero all’ Universitaria di dare vita al più ricco fondo di periodici dell’“ancien régime” (sec. XVII-XVIII) in ambito veneto ed uno dei più importanti a livello italiano.
In seguito alla caduta della Repubblica Veneta la biblioteca rimase chiusa dal 1797 al 1805. Dopo la riapertura in seguito alla soppressione delle Corporazioni religiose per opera di Napoleone, fu incamerata una grande quantità di manoscritti, incunaboli e libri a stampa provenienti dalle biblioteche di circa 40 monasteri tra cui quello dei Domenicani, degli Agostiniani e dei Teatini di Padova, dei Benedettini di S. Giorgio Maggiore di Venezia, dei Carmelitani scalzi di S. Giorgio in Alga, di S. Giustina e di S. Francesco Grande di Padova. Con la seconda ondata di soppressioni, nel 1867, dopo l’unificazione nazionale, si ebbe un nuovo consistente incremento, con un aumento complessivo di circa 13.000 opere. T
ra Sette e Ottocento fu acquisita la biblioteca della Natio Germanica, la più importante tra le corporazioni degli studenti stranieri a Padova; successivamente il dono di Antonio Valsecchi (1867) e il legato del naturalista Tomaso Catullo (1872). Fra lasciti, donazioni e fondi pervenuti tra il XIX e il XX secolo sono infine da segnalare, nel campo del diritto, i doni Morelli e Sacerdoti, nel campo scientifico i doni Orto Botanico, Minich, Albertotti (oculistica e storia degli occhiali), Canestrini, Scorza e la Raccolta Benvenisti e, per quanto attiene la storia veneta, i doni Musatti e Cessi. Infine di particolare importanza la raccolta Morpurgo (1.300 opere riguardanti storia e letteratura dei popoli semiti), l’ex-biblioteca del Presidio Militare e il fondo Ardigò (manoscritti del filosofo positivista Roberto Ardigò e circa 2.200 volumi appartenuti allo stesso e al suo discepolo Giovanni Marchesini, acquisiti nel 1984). Con decreto del 1869 le biblioteche universitarie furono staccate dalle università di appartenenza ed assegnate al Ministero della Pubblica istruzione e infine (1974) al Ministero dei beni culturali di nuova istituzione. Nel 1912 la Biblioteca lasciò la sede della Sala dei Giganti diventata ormai del tutto insufficiente, per occupare la sede attuale, un edificio demaniale che fu il primo costruito in Italia con criteri moderni appositamente per uso bibliotecario. Il progetto fu realizzato dall’ing. Giordano Tomasatti ed è soggetto alla normativa della legge di tutela (L. 1 giugno 1939 n. 1089) perché considerato “pregevole manufatto d’interesse storico-artistico”, tanto da essere pubblicato nel Manuale dell’architetto di D. Donghi nel 1930.
Il patrimonio della biblioteca, costituitosi nel corso dei secoli grazie ai doni e ai lasciti dei professori dello Studio ed aggiornato in forza del diritto di stampa e di acquisti mirati, deve buona parte del suo nucleo storico, con speciale riferimento ai manoscritti e agli incunaboli, all’incameramento ottocentesco dei fondi provenienti dalle biblioteche claustrali soppresse. I manoscritti sono 2.745, risalenti ai secoli XI-XX, in prevalenza di argomento storico e teologico, ma sono rappresentate anche letteratura, filosofia, giurisprudenza, medicina e matematica.
Di grande interesse il fondo settecentesco di disegni navali, che documenta l’evoluzione della progettazione e delle tecniche di costruzione delle navi nell’ultimo secolo della Repubblica veneta. Tra i manoscritti recenti, importante il fondo costituito dalle carte del filosofo Roberto Ardigò, il maggiore rappresentante del positivismo italiano, e docente all’Università di Padova.
La prima produzione a stampa è documentata da 1.132 edizioni del Quattrocento, alcune in più copie, per complessivi 1.583 incunaboli; da segnalare l’esemplare della novella Ippolito e Leonora, databile al 1471, con la nota manoscritta che ha permesso di assegnare l’edizione a Lorenzo Canozi da Lendinara, primo stampatore in Padova; pregevole l’esemplare illustrato del De re militari del Valturio (Verona 1472): al ricco corredo xilografico si aggiungono le miniature ed importanti interventi calligrafici, recentemente attribuiti alla mano di Felice Feliciano.
Si contano 9.622 cinquecentine e oltre 100.000 edizioni dei secoli XVII-XVIII: grande importanza rivestono in particolare le opere di medicina e di astronomia e il first folio di Shakespeare, l’opera omnia stampata postuma a Londra nel 1623, estremamente rara nelle biblioteche europee fuori d’Inghilterra.
Tra le edizioni di pregio è in particolare degna di menzione la Gerusalemme liberata del Tasso (Venezia 1745), illustrata dal Piazzetta, e i capolavori tipografici di Giambattista Bodoni.
Tra i fondi notevoli quello dei libri armeni, prodotti per lo più dalla tipografia dell'isola veneziana di S. Lazzaro, e quello dei libri ebraici, provenienti per la maggior parte dalla raccolta Morpurgo. Importante infine la dotazione relativa alla stampa periodica nazionale ed estera: in particolare il nucleo costituito dai periodici dell’ancien régime e la serie delle pubblicazioni accademiche, tra cui le raccolte complete del Journal des savants e delle Philosophical Transactions della Royal Society londinese. Le testate possedute sono 6.765, di cui 487 correnti.
© 2021 MiC - Pubblicato il 2020-04-14 17:58:32 / Ultimo aggiornamento 2023-12-11 13:54:35
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