Archivio di Stato di Torino - Manoscritti di Pirro Ligorio
Descrizione
La Biblioteca antica dell’Archivio di Stato di Torino è così denominata perché il suo nucleo proviene direttamente dalle antiche collezioni ducali: il patrimonio librario originario viene smembrato nella prima metà del XVIII secolo e destinato in parte alla Biblioteca della Regia Università, in parte a quella della Congregazione di Superga e in parte agli Archivi di Corte. La scelta dei libri da destinare all’Archivio mira «alla illustrazione, e supplemento delle materie, che negli Archivj medesimi si contengono». Essi devono quindi servire in primo luogo a coadiuvare il lavoro dei ministri fornendo un supporto allo studio dei documenti, anche se non mancano opere «non funzionali», raccolte per il loro valore estetico e per essere mostrate agli ospiti più illustri della Corte. Tra questi hanno un posto di primo piano i trenta manoscritti realizzati dall’architetto, artista ed antiquario napoletano Pirro Ligorio (1514 circa-1584).
È Carlo Emanuele I di Savoia ad acquistare dagli Estensi, a caro prezzo, l’opera ligoriana. Negli anni Trenta del XVII secolo il cardinale Richelieu chiede ripetutamente a Cristina di Francia, moglie di Vittorio Amedeo I, di consegnargli la collezione per farne omaggio al suo re. Di fronte alla risoluta resistenza della duchessa si sfiora la crisi diplomatica, che si risolve solo dopo la morte di Richelieu nel 1642, quando il cardinale Mazzarino suo successore accetta di ottenerne delle semplici copie. Pochi anni dopo, nel 1656, è Cristina di Svezia a rimanere colpita dai manoscritti, che può ammirare durante una sosta a Torino nel suo viaggio verso Roma. Per poter avere almeno in prestito l’opera Cristina propone di lasciare presso la corte il suo musico Giuseppe Bianchi: la sua offerta sembra interessare la duchessa di Savoia, ma l’accordo alla fine non si concretizza. Solo in epoca napoleonica i volumi ligoriani lasciano Torino, per essere trasferiti a Parigi: vengono conservati alla Biblioteca Nazionale fino al 1814 e con la Restaurazione ritornano ai Savoia.
Questi aneddoti aiutano a comprendere come nei secoli passati i manoscritti di Ligorio siano stati considerati dai duchi di Savoia un “inestimabile tesoro […] preziosi come diamanti della corona, come sacra reliquia della scienza”, come scrive nel XIX secolo l’archivista Pietro Vayra.
I trenta volumi costituiscono infatti la parte più considerevole di un’opera di grande respiro, a cui viene attribuito il titolo di Antiquitates o Delle Antichità, che Ligorio compone in buona parte a Ferrara, probabilmente tra il 1569 e il 1580, mentre si trova al servizio del duca Alfonso II d’Este. Si tratta di una vera e propria “enciclopedia del mondo antico”, nella quale i lemmi ordinati alfabeticamente descrivono svariati aspetti della civiltà greco-romana (luoghi, famiglie, medaglie, edifici, epigrafi, informazioni di carattere mitologico, personaggi famosi) e sono spesso accompagnati da disegni a penna realizzati dall’autore. La raccolta è integrata da dieci volumi “monografici” dedicati a temi specifici, ad esempio il disegno di ornato e i terremoti. La raccolta è stata recentemente digitalizzata nella sua totalità, nell’ambito del progetto La manutenzione della memoria territoriale sostenuto dalla Compagnia di San Paolo tramite l’Associazione Amici dell’Archivio di Stato di Torino Odv, ed è liberamente consultabile online sul portale dell’Istituto.
Posizione
Archivio di Stato di Torino
Piazza Castello, 209 - 10124 Torino (TO)
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