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Tpc, furto reperti: 4 arresti
Testo del comunicato
Alle prime ore del 4 dicembre 2024, i Carabinieri del Nucleo
Tutela Patrimonio Culturale di Bari hanno eseguito in varie località della
Puglia e del Lazio, con la collaborazione dell’Arma territorialmente
competente, un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa
dal GIP del Tribunale di Bari su richiesta della Procura della Repubblica presso
il Tribunale di Bari, nei confronti di 4 soggetti a vario titolo ritenuti
responsabili di associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione ed
esportazione illecita di reperti archeologici e numismatici.
L’ordinanza scaturisce da una vasta e articolata indagine,
convenzionalmente denominata “Art Sharing”, avviata nel 2020 dal Nucleo TPC di
Bari, che ha portato alla disarticolazione di un sodalizio criminoso dedito
allo scavo clandestino, operato da tombaroli e trafugatori esperti, per
l’impossessamento illecito e furto di beni culturali appartenenti al patrimonio
indisponibile dello Stato, alla conseguente ricettazione tramite uno stabile
canale di approvvigionamento illecito e una consolidata rete logistica
finalizzata all’occultamento, alla determinazione del valore, alla
predisposizione di documentazione accompagnatoria per l’attribuzione di
un’apparente lecita provenienza dei beni, nonché al trasporto mediante mezzi
idonei (autoveicoli appositamente predisposti e corrieri professionisti) e
strategiche comunicazioni atte a eludere eventuali investigazioni (canali
telematici anziché telefonici, utilizzo di un linguaggio criptico e false
identità personali), oltre alla successiva uscita ed esportazione illecita dal
territorio italiano, potendo contare sulla stabile disponibilità all’acquisto
da parte di soggetti, anche stranieri, a vario titolo coinvolti nella catena
della ricettazione. In particolare, l’intero traffico illecito di reperti
archeologici veniva gestito attraverso una fantomatica casa d’aste denominata
“COSTA’S GALLERY”, con sede ad Anversa (Belgio), riconducibile a due dei
soggetti colpiti dalla misura cautelare, che proponeva la vendita dei beni
prevalentemente apuli ed etruschi, illecitamente trafugati da aree
archeologiche dell’Italia centro-meridionale, a gallerie e case d’asta in vari
paesi europei ed americani. La florida rete commerciale creata, nel procurare
un ingente profitto all’organizzazione, ha cagionato un danno di rilevante
entità al patrimonio culturale e archeologico nazionale, con dispersione di
testimonianze storiche ormai irrecuperabili.
L’inchiesta, sviluppata anche sul piano internazionale, è
stata supportata da attività tecniche, dinamiche e telematiche, consentendo di
individuare l’intera filiera tipica della classica struttura organizzativa
dedita al traffico internazionale di beni archeologici. Infatti, è stata
contestata anche l’aggravante della transnazionalità. Il sodalizio aveva basi
operative nelle province di Bari, BAT e Foggia e con diramazioni nel Lazio, Emilia
Romagna, Repubblica di San Marino, nonché in Belgio e Spagna.
Di rilevante importanza per lo sviluppo estero dell’indagine
è stata l’azione sinergica operata dalla Magistratura barese con quelle dei
paesi esteri interessati che, grazie al coordinamento di Eurojust, ha permesso
- in attuazione di più Ordini Europei d’Indagine (O.E.I.) - lo svolgimento di
attività investigative in Belgio, Germania, Spagna e Austria, con l’esecuzione
di perquisizioni che hanno portato al rinvenimento e conseguente sequestro di
preziose testimonianze storico-archeologiche del patrimonio italiano. Nel
contesto estero, inoltre, è stata data esecuzione a tre Rogatorie
Internazionali (due in Svizzera e una nella Repubblica di San Marino),
anch’esse concluse con l’individuazione di beni attestabili al patrimonio
culturale dello Stato italiano.
Nel corso delle investigazioni sono state eseguite
perquisizioni all’estero, con la collaborazione della Guardia Civil spagnola,
della Polizia Federale belga e di quella svizzera, a Granada, Valencia,
Bruxelles e Lugano, che hanno consentito il sequestro di importanti reperti
archeologici acquistati presso la “inesistente” casa d’aste, che inviava i
preziosi manufatti avvalendosi della rete logistica di spedizione creata per lo
scopo illecito. Tra gli oggetti recuperati (circa trecento) figurano vasi
ceramici con decorazioni (in particolare due Hydria a figure rosse, tre Kylix a
vernice nera, due Lekanis a figure rosse, una Oinochòe a bocca trilobata),
oltre duecento monete in argento e bronzo di varie epoche, molte coniate da
zecche dell’antica Puglia (in parte ancora interessate da incrostazioni
terrose), anelli in bronzo e pendagli, vari metal-detectors e attrezzature per
lo scavo, false attestazioni di provenienza dei reperti e apparati informatici
utilizzati per le trattative e le transazioni commerciali. Emergono, fra essi,
un eccezionale sarcofago di marmo risalente all’epoca romana imperiale
rinvenuto in Belgio e quindici sculture etrusche rinvenute in Spagna,
unitamente ad altri reperti ceramici risalenti al V-III sec. a.C. di
provenienza italiana.
È importante precisare che il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che seguirà il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza, in ordine ai reati contestati, dovrà essere accertata in sede di processo nel contraddittorio tra le parti.
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