Museo storico archeologico e Area archeologica di San Paolo Belsito
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Informazioni biglietteria
Info- on line sul sito web Musei Italiani (https://www.museiitaliani.it/acquista-biglietto);
- da smartphone tramite l'app Musei Italiani (disponibile su Apple Store o Google Play);
- con carta di credito o bancomat, presso la biglietteria automatica posta all'ingresso del Museo.
Per supporto all'acquisto on line: e-mail info@museiitaliani.it, tel. +39 06 87570182 (tutti i giorni dalle 9:00 alle 17:30).
Descrizione
Il Museo, ospitato nel prestigioso edificio che fu un tempo convento delle Canossiane, destinato dall’Amministrazione comunale, dopo il restauro, a sede espositiva, propone al pubblico, attraverso un’ampia e ragionata scelta di materiali archeologici, la storia del territorio di Nola.
Il percorso di visita inizia dalla sezione preistorica, scandita da un percorso tematico. Nella prima sala è illustrata l’attività vulcanica del Somma-Vesuvio, delineata attraverso le diverse tipologie eruttive e con particolare rilievo quelle che incisero sulla storia del territorio nolano, come l’eruzione delle “Pomici di Avellino”, nell’età del Bronzo, e quella c.d. di Pollena, per il periodo tardo antico. Nelle sale successive sono esposti i reperti del Bronzo Antico caratterizzanti la facies di Palma Campania, e materiali che testimoniano l’effetto dell’eruzione delle c.d. Pomici di Avellino, i cui depositi piroclastici obliterarono i villaggi della zona. Nell’allestimento si è dato anche spazio all’illustrazione degli esiti delle indagini antropologiche con il supporto di pannelli didattici e le ricostruzioni fisiognomiche di tre individui ritrovati all’interno di sepolture. Inoltre é stata ricostruita una delle capanne rinvenute durante lo scavo dell’insediamento in località Croce del Papa a Nola: all’interno di una struttura di legno in scala reale in cui è riprodotta la distribuzione dell’arredo e degli spazi originari, sono stati disposti alcuni dei reperti recuperati ancora integri.
A quella preistorica segue una sezione dedicata alle origini di Nola, che abbraccia un arco cronologico che va dall’VIII al VI secolo a.C.. Vi sono esposti i corredi tombali compresi tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C., provenienti dalle necropoli site in località Torricelle ed in via San Massimo, indicativi dell’influenza etrusca sulla comunità nolana, insieme a vasellame di produzione greca legato al consumo del vino in occasione del simposio, tipico dello stile di vita delle classi aristocratiche.
Seguono le sale dedicate alla “Città dei Cavalieri”, con riferimento al periodo compreso tra il VI ed il IV secolo a. C. L’esposizione introduce, con l’ausilio di pannelli didattici, alla conoscenza del popolo dei Sanniti, la cui presenza in Campania si afferma durante la seconda metà del V secolo a.C.. Numerose testimonianze di tale periodo provengono dagli scavi compiuti nel territorio nolano tra il XVIII e il XIX secolo. Tra questi sono messi in evidenza vasi di produzione ateniese, a figure rosse ed a figure nere, decorati con scene mitologiche: ad esempio, due anfore attiche a figure rosse rispettivamente del Pittore di Alchimaco e del c.d. Pittore di Berlino ed un cratere a colonnette decorato a figure rosse attribuito al c.d. Pittore di Napoli.
Punto nodale della sezione, sono le tombe a cassa ed a semicamera dipinte, che si susseguono al centro della sala, dove è stata posta anche un’ampia gigantografia in scala reale della “Tomba del Cavaliere”, che mostra l’originale disposizione delle lastre dipinte. Sono ricostruite in loco le sepolture a cassa del territorio di Casamarciano, tra cui la c.d. Tomba dei Togati e la c.d. Tomba della danzatrice. Il percorso museale prosegue con le ultime testimonianze relative alla presenza osca; si tratta del periodo che va dalla conquista romana della città (313-312 a.C.) fino allo scoppio della guerra sociale (90-88 a.C.). Tra i reperti esposti alcuni provengono dai santuari rinvenuti presso Cimitile ed a San Paolo Belsito, entrambi testimonianza delle correnti architettoniche di provenienza microasiatica. Quindi si sviluppa la sezione dedicata al periodo del dominio romano, con le statue che ornavano alcuni sepolcri, vari rilievi funerari e quelli provenienti dall’anfiteatro della città, oltre ad una serie di testimonianze epigrafiche.
Il percorso di visita continua al primo piano del complesso con l’illustrazione delle testimonianze di età imperiale, fino ad arrivare ad una sala interamente dedicata alla c.d. villa di Augusto rinvenuta a Somma Vesuviana.
L’esposizione si conclude, infine, con una sezione dedicata alla fine del mondo antico ed all’età medioevale, a cominciare dal suggestivo complesso delle basiliche paleocristiane di Cimitile, fino ad arrivare al periodo moderno, così da dare uno strumento complessivo di lettura e di valorizzazione dei monumenti e delle opere d'arte, altrettanto importanti, attestati in tali epoche nell’area Nolana.
Servizi
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Sala convegni
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Spazi espositivi
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Didascalie
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Percorsi segnalati
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Posizione
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Carosello galleria
Elemento decorativo proveniente dal santuario di San Paolo Belsito (IV-II secolo a.C.)
L’elemento decorativo, raffigurante una testa maschile, era parte delle decorazioni di un santuario campestre costruito nel IV secolo a.C. sulla parte più alta del poggio della Vigna. Le decorazioni del tempio, allorché vennero sostituite dalle nuove, in quanto “materiale sacro”, furono sepolte in alcune fosse (c.d. favisse), alcune delle quali furono scavate nel 1995, restituendo numerosi elementi architettonici decorativi.
Anfora panatenaica a figure rosse (prima metà del V secolo a.C.)
L’anfora, di raffinata fattura, presenta su un lato un atleta nell’atto di scagliare una lancia con la mano destra, sull’altro la figura di un uomo barbato e ammantato recante un bastone piantato a terra e tenuto nella mano destra.
Busto maschile in marmo (fine del II secolo d.C.)
Rinvenuto nel 1894 a Nola in via Santarelli, il pezzo è integro e presenta una testa ritratto di pregiata fattura, attribuibile ad un artista di un certo livello. Il personaggio, connotato dalla nobiltà dei tratti, faceva probabilmente parte della famiglia imperiale dei Severi ed è stato identificato da alcuni studiosi con Clodio Albino.
Pisside corinzia (da un corredo femminile del VI secolo a.C.)
Questi vasi facevano parte di un corredo femminile del VI secolo a.C. proveniente dalla tomba 90 nella necropoli nolana di via San Massimo. La pisside, importata da Corinto, faceva parte del corredo personale della defunta, costituito anche da unguentari e vasi da libagione.
Particolare della tomba della danzatrice (sepoltura femminile, fine del IV secolo a.C.)
La tomba, scoperta nel Fondo Ronga, a nord della città e ad oriente della piazza d’Armi, fu rinvenuta già saccheggiata nel 1937, con pochi elementi del corredo superstiti. La lastra di testata, unica ancora leggibile, è occupata da una figura femminile incedente verso sinistra, vestita di un lungo abito color ocra, decorato da fasce verticali rosse e sostenuto in vita da una cintura. La posa della figura evoca i movimenti di una danzatrice e si può ipotizzare che la defunta svolgesse tale funzione nella comunità.
Frammento di antefissa, da via Polveriera, Nola (VI a.C.)
L’antefissa a maschera gorgonica, ritrovata nel 1984 durante i lavori per la costruzione di un depuratore, costituisce una delle rare evidenze archeologiche nolane relative ai santuari della città antica che, elevati su un podio di pietra, erano costruiti con pareti in mattoni, colonne e travi di legno e vivacemente decorati da rivestimenti in terracotta. Il reperto attesta quel fenomeno di etruschizzazione, da intendersi come influenza culturale piuttosto che come una vera e propria colonizzazione, che interessò Nola e le altre città campane nel VI secolo a.C. , favorendo lo sviluppo di una temperie culturale basata sulla contaminazione reciproca di elementi propri dell’aristocrazia greca, etrusca e indigena fino all’elaborazione di un patrimonio culturale comune.
Calco dello scheletro di un individuo in fuga dall’eruzione delle Pomici di Avellino, area archeologica di San Paolo Belsito, Nola
Lo scavo dell’area archeologica di San Paolo Belsito, a partire dal 1995, ha restituito una eccezionale documentazione indicativa della sua pluristratificata presenza insediativa che spazia dall’età del Bronzo al periodo romano. Il rinvenimento, sulla collina della Vigna, degli scheletri di due individui di ambo i sessi costituisce una preziosa istantanea della drammatica fuga di due abitanti in seguito all’eruzione vulcanica delle Pomici di Avellino (databile tra il XX e il XVIII sec. A.C.). L’esame dei resti umani ha chiarito che si tratta di un uomo di circa 40-45 anni e di una donna di 21-22 anni che, colti di sorpresa dall’evento eruttivo, abbandonarono precipitosamente le proprie capanne: la fitta pioggia di cenere, pomici e lapilli che li investì non diede loro scampo: con le mani davanti al viso i due ebbero appena il tempo di trovare riparo dietro a dei cespugli.
Statua virile di tipo eroico, provenienza incerta (metà del I secolo d.C.)
La scultura, collocata già nel XV secolo nella piazza del Sedile (attuale piazza del Duomo), per volontà del conte Orso Orsini, nel 1934 fu trasferita nel cortile della Casa Comunale in occasione dei lavori di rifacimento della piazza. Mutila della testa (rubata nel 1986), nel 2005 fu trasferita nel Museo storico archeologico. La statua ritrae una figura virile attraverso un tipo statuario ampiamente utilizzato per l’eroizzazione di personaggi della famiglia regnante secondo una consuetudine diffusa nella prima età imperiale: il soggetto rappresentato, nudo, con il mantello avvolto intorno ai fianchi e all’avambraccio sinistro, potrebbe essere identificato con uno degli ultimi esponenti della gens Giulio-Claudia, benché non siano noti né il luogo di ritrovamento né l’originaria collocazione della statua e la sua conseguente contestualizzazione storica. Si potrebbe ipotizzare che l’opera fosse destinata ad uno spazio pubblico o ad un edificio di culto. Alcune imperfezioni esecutive, quali la sproporzione dei piedi o la sommaria resa del mantello nella parte posteriore, lasciano sospettare che la scultura sia il prodotto di una bottega di ambito locale.
Statua di Dioniso con pantera proveniente dalla villa "augustea" in località Starza della Regina, Somma Vesuviana (NA) (I secolo d.C.)
Negli anni ’30 del secolo scorso, in seguito ad alcuni lavori agricoli in località Starza della Regina nel territorio del comune di Somma Vesuviana, emersero cospicui resti di strutture murarie. I primi scavi, condotti su un'area di 30 metri, riportarono alla luce una parete, la parte di un porticato, una colonna e frammenti scultorei. Lo scavo, ripreso nel 2001 e condotto dall'Università di Tokyo in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, ha permesso di riportare alla luce un articolato complesso architettonico e resti scultorei di pregiata fattura. Tra questi la statua di Dioniso, i cui frammenti sono stati rinvenuti in momenti diversi (nel 1932 i primi resti, nel 2003 e nel 2004 la testa e altre parti del busto). La scultura, realizzata in marmo bianco di Paros con l'utilizzo di diversi blocchi, rappresenta il dio giovane, con la testa coronata di edera e rivestito dalla nebris, un corto mantello di pelle di capra e con in braccio un cucciolo di pantera, che allunga il collo e spalanca la bocca verso il dio. Si può ipotizzare che si tratti di una copia romana derivata da una statua di Prassitele o di gusto prassitelico del IV secolo a.C. Il complesso monumentale, denominato villa "augustea" per via della suggestione che potesse trattarsi della villa in cui morì l'imperatore Augusto nel 14 d.C., fu abbandonato e spogliato di tutto nella tarda antichità e venne poi seppellito interamente dall'eruzione del 472 d.C., la cosiddetta eruzione "di Pollena". L’ipotesi interpretativa è che si tratti di una villa d’otium di grandi proporzioni, con una parte forse destinata ad attività produttive, appartenente ad un personaggio facoltoso di difficile identificazione a causa del mancato ritrovamento di iscrizioni.
Kylix attica a figure rosse, Nola, necropoli di via S. Massimo, tomba 115 (480-470 a.C.)
La kylix proviene da una tomba scavata nella necropoli settentrionale di Nola in via San Massimo, nell’area settentrionale della città, che ha restituito un grande numero di vasi di importazione ateniese. La sepoltura è attribuibile ad un uomo adulto per via della presenza di vasellame destinato al simposio, attività tradizionalmente riservata al mondo maschile. Il tema decorativo del combattimento tra i Greci e le Amazzoni si svolge sia sulle pareti esterne sia sul tondo interno, dove è raffigurata la lotta tra Achille e Pentesilea, regina delle Amazzoni, di cui l’eroe si innamora proprio mentre la trafigge con la sua spada.
Skyphos a figure rosse di produzione campana (seconda metà del IV secolo a.C.)
Lo skyphos proviene da una tomba del tipo a cassa rinvenuta nel 1984 in via San Massimo, nella necropoli nordoccidentale di Nola. Gli oggetti di corredo all’interno della cassa, tra cui anche una hydria, una pisside, oltre a balsamari e coppette, al momento della scoperta erano sparpagliati e frammentari. Sullo skyphos sono rappresentati da una parte una donna con il tirso e il timpano, attributi tipici delle fanciulle del corteggio di Dioniso, dall’altra un giovane ammantato.
Ricostruzione di una capanna dell’età del Bronzo Antico e vasellame proveniente dallo scavo dell’insediamento in località Croce del Papa, Nola (1950-1820 a.C.)
Al piano terra del museo è stata ricostruita una delle capanne del villaggio risalente all’età del Bronzo Antico rinvenuto in località Croce del Papa, seppellito dall’eruzione delle Pomici di Avellino (avvenuta tra la metà del XX e il XIX secolo a.C.). Il villaggio, alcune ore dopo l’inizio dell’eruzione, dopo essere già stato ricoperto da circa un metro di pomici e ceneri, fu investito da un’alluvione fangosa che, penetrata all’interno delle capanne, ne inglobò le strutture, i cui calchi furono restituiti dallo scavo archeologico effettuato tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000. Il materiale ceramico, riempito dal fango, si è perfettamente conservato: gli oggetti più pesanti rimasero al loro posto, gli altri furono capovolti e sospinti verso l’alto dalla massa fangosa. L’allestimento riproduce fedelmente la struttura abitativa della capanna caratterizzata da una pianta a ferro di cavallo a doppia navata: il tetto aveva una forte pendenza e le pareti, oblique, erano costituite da una struttura fatta di paletti e ricoperta da fasciami di giunchi o paglia.